Il reclutamento di Denis Verdini non va oltre le previsioni. Alla fine, dopo una lunga gestazione, l'ex coordinatore del Pdl raggiunge la soglia minima dei dieci senatori, convoca una conferenza stampa alla Sala Nassirya, formalizza l'addio a Forza Italia e presenta il gruppo «Alleanza liberalpopolare - Autonomie».
Non c'è spazio per il sentimento. «Il divorzio da Berlusconi? Fa male, ma me lo tengo dentro». Per il lancio del nuovo soggetto si punta molto sull'acronimo che i colleghi di avventura considerano beneaugurante: «Ala». Antonio Scavone fa la battuta più attesa: «Ci farà volare», dice, mentre il medico (e neo capogruppo) Lucio Barani dà una lettura «scientifica»: «Nel nostro gergo specialistico «Ala» sta per Acido linoleico, che è importante per il sistema nervoso centrale e così speriamo che anche il nostro gruppo risulti importante per la democrazia e le istituzioni». Il portavoce Vincenzo D'Anna, però, lo stoppa e gli rinfaccia con ironia: «Ma se da buon socialista non hai mai lavorato in vita tua...».
Al netto dei propositi bisogna fare i conti con i numeri e con le posizioni politiche. Il gruppo di soccorso azzurro a Matteo Renzi e alla sua maggioranza ballerina al Senato ottiene l'adesione, oltre a Verdini dei già citati Barani, Langella e D'Anna, anche del toscano Riccardo Mazzoni, di Eva Longo, Giuseppe Compagnone, Ciro Falanga, Riccardo Conti, e Antonio Scavone. I forzisti (o almeno quelli ancora iscritti al gruppo di Forza Italia) sono solo due. Pertanto la perdita per il bilancio azzurro è di 118mila euro l'anno sotto forma di contributo annuale legato al numero delle adesioni. Verdini potrà mettere a bilancio circa seicentomila euro. Per il gruppo alla Camera «si vedrà a settembre».
Sul fronte politico bisogna fare i conti con posizioni interne tutt'altro che univoche. «Il ddl Boschi va approvato così com'è e se non venisse approvato si ritorna nel pantano» dice Verdini. D'Anna, però, non esita a puntualizzare, essendo sempre stato contrario a questa riforma: «Io non la voterò». Verdini ci tiene a far sapere che non entrerà mai nel Pd. «Tranquillizziamo la sinistra Pd, non vogliamo entrare in quel partito che ha luci e ombre... Se avessi voluto - ricorda Verdini - da toscano l'avrei fatto in età giovanile» ma lui mai avrebbe tifato «Urss contro l'Italia» come facevano in certi bar delle zone sue, dove peraltro tra Mennea e Valery Borzov i rossi preferivano l'ucraino sotto le mitiche insegne CCCP. Le implicazioni future di questa scelta non vengono, però, negate neppure dagli stessi verdiniani che non escludono una futura confluenza in un unico gruppo con Ncd e Scelta Civica.
Verdini chiarisce gli obiettivi della nuova formazione politica: «Vogliamo portare a termine la legislatura costituente volta a dare una cornice moderna all'impianto istituzionale dello Stato». E ancora: «Poi c'è una prospettiva politica che è nelle cose e che ritiene che l'area moderata sia il centro del Paese. Il centro determina sempre la vittoria dell'una o dell'altra parte ma per determinarla deve avere la libertà di potersi muovere senza pregiudizi e realizzare le riforme con una maggioranza allargata significa dare stabilità agli elettori». E sulle riforme aggiunge: «Nella nostra componente c'è chi ha votato le riforme e c'è chi no ed è libero di mantenere questa posizione».
Verdini si sofferma poi sul suo rapporto con Silvio Berlusconi: «Come tutti gli strappi addolora e fa male. Quando non ci sono identità di vedute nessuno finisce o muore, uno vede le cose in maniera diversa. Ho una grandissima lealtà che mi lega a Berlusconi ma vediamo le cose in maniera diversa. Lui è sempre stato in questi 20 anni lungimirante.
Come tutti gli strappi fanno male, il dolore uno se lo tiene e tira fuori l'ottimismo. Eravamo a disagio nei gruppi dove avevamo militato. La nostra storia legata a Berlusconi è straordinaria. Non ne vogliamo parlare, parliamo di quello che facciamo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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