La verità su Re Giorgio e il 2011: ecco la storia del golpe anti Cav

Già a giugno Napolitano contattò Monti per sostituire il premier. Poi la lettera Bce sulle riforme, ispirata dal Colle secondo il Cavaliere. E i contatti costanti con la Merkel

La verità su Re Giorgio e il 2011: ecco la storia del golpe anti Cav

Patologiche ossessioni. L'ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha stigmatizzato in maniera poco elegante, perdendo il suo tradizionale aplomb , lo sfogo di Silvio Berlusconi a Palazzo Madama martedì scorso. In fondo, il Cavaliere rivolgendosi ai suoi senatori aveva solo detto, secondo le agenzie, che Napolitano si era reso «complice» della sua defenestrazione. Questo, ha ricordato, «nel libro di Friedman viene fuori molto bene».

Proprio My Way , il libro-intervista a Berlusconi del giornalista americano, mette in luce le responsabilità del capo dello Stato in quel tragico 2011. E forse è proprio questo che Napolitano non può tollerare: la confutazione delle agiografie che lo hanno reso una specie di salvatore della patria.

L'undicesimo capitolo, intitolato «Intrigo internazionale» ricostruisce quei mesi concitati. Ed è proprio all'inizio di giugno del 2011, ricorda Friedman, che Mario Monti fu «contattato» da Napolitano che gli chiese «se fosse disponibile, se necessario, a prendere il posto di Berlusconi». Friedman aveva narrato il retroscena nella sua precedente fatica Ammazziamo il gattopardo con il professore che si consiglia con i suoi amici Romano Prodi e Carlo De Benedetti che gli danno il beneplacito. Nel frattempo il Ceo di Banca Intesa, Corrado Passera, stava lavorando con il presidente della Repubblica «a un programma complessivo di politica economica per un governo post-Berlusconi».

Il resto è solo cronaca di una tragedia annunciata. Deutsche Bank, principale banca tedesca, che in un sol colpo si libera di 8 miliardi di Btp facendone crollare il valore sul mercato, lo spread con il Bund tedesco che schizza a 500 punti, la Bce che con una lettera inusitata impone al governo Berlusconi un programma di riforme e una manovra correttiva. Il presidente del Consiglio, scrive Friedman, «pensò che l'idea della lettera fosse stata ispirata dallo stesso Napolitano». E il Quirinale resta sullo sfondo anche nei successivi, drammatici sviluppi. «Napolitano telefonava alla Merkel con una certa regolarità», confessa Berlusconi a Friedman con rammarico.

La storia è abbastanza nota. Dopo qualche giorno di tregua, alla fine di settembre del 2011 l'Italia viene declassata da Standard & Poor's: lo spread torna a fare paura perché l'Unione europea non trova un accordo per fermare la speculazione istituendo un Fondo di garanzia. Merkel e il fedele Sarkozy non trovano di meglio che cantare le lodi dell'austerity e imporre all'Italia una cura da cavallo visto che i mercati pensano che l'anello debole della catena, se la Grecia saltasse, sarebbe proprio il Belpaese con i suoi oltre 2mila miliardi di debito.

Il vertice europeo del 23 ottobre 2011 è quello del sorrisino tra la Bundeskanzlerin e Monsieur le Président . «Napolitano aveva rassicurato Merkel e la Cancelliera l'aveva ringraziato per quanto sarebbe riuscito a fare per promuovere le riforme», narra Friedman citando il Wall Street Journal . Si arriva così al drammatico vertice di Cannes del 3 novembre 2011. Merkel, Sarkozy cercano di costringere il premier italiano ad accettare un prestito da 80 miliardi del Fmi, Berlusconi rifiuta sdegnosamente provocando l'ira del duo. La neutralità del presidente Usa Obama è l'unico sostegno. Ma Napolitano non aveva firmato il decreto Sviluppo (raccontò Renato Brunetta in Cronaca di un complotto ) e Berlusconi si presentò a mani vuote di riforme a quell'appuntamento. L'allora presidente della Commissione Ue, José Barroso, ricevette una telefonata da Napolitano. «Signor presidente, voglio assicurarla che il governo rispetterà tutti gli impegni», disse il capo dello Stato.

Di lì a una settimana, conclude Friedman, Napolitano spiegò a Berlusconi che «per lui sarebbe stato più conveniente dare le dimissioni» vista la risicata maggioranza parlamentare. Poi, venne Monti che attuò il programma Merkel. Se queste sono «patologiche ossessioni» giudicate voi.

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