"Vi svelo la Milano che verrà Renzi? Stia fermo un turno"

Il sindaco apre alla collaborazione con il centrodestra: «Recuperiamo gli ex scali ferroviari e le periferie»

"Vi svelo la Milano che verrà Renzi? Stia fermo un turno"

Milano «Dico una cosa che potrà sembrare strana, anche per il fatto io sono affezionato a Matteo Renzi. Gli consiglio di pensare all'ipotesi di saltare un turno».

Beppe Sala, sindaco di Milano. Intanto, quando si andrà a votare per il nuovo governo secondo lei?

«Intorno alle vacanze suppongo, un po' prima o un po' dopo. La cosa buffa è che possono mancare solo 6 o 7 mesi e nessuno dei tre schieramenti ha un candidato premier, e non darei per scontato niente in nessuno dei tre casi».

E Renzi dovrebbe rimanere in panchina?

«L'ho sentito dire parecchie volte, in tempi non sospetti, che ha imparato molto quando ha perso alle primarie del Pd contro Bersani, è che quello è stato per lui un momento di ripartenza. Penso e spero che anche da questa sconfitta impari alcune cose e sia per lui un momento di crescita. Ha poco più di 40 anni e ha la politica nel sangue, fossi in lui considererei l'ipotesi di saltare questo turno. È evidente che se la destra va fortemente ricostituita, ne ha bisogno anche il Pd, in primis nel rapporto tra territorio e centro. Realtà come Milano non sono messe male ma tante altre fanno più fatica».

Il suo predecessore Giuliano Pisapia è attivissimo, pare intenda sponsorizzare la presidente della Camera Laura Boldrini in ipotetiche primarie contro Renzi.

«Il suo attivismo è legittimo. Chi lo segue però credo che alla fine si aspetti che sia lui a candidarsi. Con rispetto per la Boldrini penso che se Pisapia vuole giocarsi la sua partita alla fine sarà costretto a correre in prima persona. Ammetto di non aver capito il posizionamento a sinistra e soprattutto la sua relazione col Pd e con Renzi. La sinistra si spacca al suo interno se ti presenti come uno disponibile o non disponibile al dialogo con l'ex premier, Pisapia sarà chiamato a rispondere a questa domanda».

Virginia Raggi può essere un boomerang per la partita nazionale dei 5 Stelle?

«Apparentemente potevano essere penalizzati dalla situazione a Roma ma secondo i sondaggi non è così, e loro sono molto bravi ad intercettare il malessere diffuso e a usare vie di comunicazione non convenzionali. Io penso che governare Roma sia più difficile di Milano e la Raggi è arrivata a giocare una partita molto grande anche per lei. Mi sarei sentito in difficoltà anch'io che ho 58 anni e ho gestito tante complessità. Vediamo come si muoverà nei prossimi mesi e quanto il movimento la sosterrà. Poi i sindaci tra loro cercano di essere solidali».

E il 16 dicembre quando si è autosospeso dopo l'iscrizione nell'inchiesta sulla Piastra di Expo, 400 sindaci hanno firmato un appello bipartisan.

«Sono felice di come sono stato supportato o non attaccato, ma non ho agito per farmi dire No rimani. Poi io tendo a rimuovere ciò che non posso gestire, non sto a preoccuparmi a del cosa succederebbe se... Vedremo, ma è stato un passaggio dvvero faticoso».

Due obiettivi per il 2017 a Milano?

«Abbiamo lanciato un piano da 356 milioni per le periferie, ora dobbiamo partire davvero. E mantenere i tempi per il recupero di 7 ex scali ferroviari, che è stato frutto di un accordo bipartisan. Ad oggi centrodestra e sinistra qui hanno dimostrato di voler lavorare insieme. Poi ovviamente il dibattuto politico e l'antagonismo ci sono, ma dobbiamo mostrare la maturità di coinvolgere l'opposizione non solo quando c'è bisogno di votare ma quando c'è da costruire la Milano del futuro. Milano ha dimostrato che non è né di sinistra né di destra, ma in quel mezzo che pende da una parte o dall'altra a seconda del momento e del candidato. Fossi nel centrodestra avrei interesse a partecipare allo sviluppo e la mia parte deve avere la maturità per dialogare».

Ha firmato un patto per Milano col governo Renzi, ora non c'è il rischio che si apra una lunga campagna e i fondi sfumino?

«Si rischia, sì. Indubbiamente temo quella sindrome del tanto poi si va a votare. Per questo ho invitato a Milano a gennaio il premier Paolo Gentiloni e il ministro Claudio De Vincenti che ha la delega, credo che verranno».

Moschea sì o no?

«Non una grande moschea ma due o tre visibili e controllate. Ma dobbiamo uscire dall'equivoco e dire ai milanesi che non si possono illudere che oggi non esistano già, anche se in modo informale.

Come ha riferito anche il prefetto due giorni fa, ci sono diciannove luoghi di preghiera islamica. Tra posti dove non sappiamo cosa succede e tre spazi ben visibili, controllati e che seguono alcune regole, so cosa scegliere».

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