Vince il "Sicurezza bis": il Tar chiude a Sea Watch il porto di Lampedusa

Respinto il ricorso dell'Ong. Protesta il Consiglio d'Europa. Salvini: "Mandino pure i caschi blu"

Vince il "Sicurezza bis": il Tar chiude a Sea Watch il porto di Lampedusa

Respinto il ricorso urgente presentato nei giorni scorsi dalla Sea Watch al Tar del Lazio contro il divieto di ingresso in acque italiane notificato alla comandante della nave, Carola Rackete, dalla guardia di Finanza. Il braccio di ferro tra la ong tedesca e il ministro dell'Interno Matteo Salvini continua, dunque, a 16 miglia dalle coste di Lampedusa, al limite delle acque territoriali, dove la nave pendola da sei giorni con a bordo 43 migranti che aveva soccorso - 6 donne e 3 minori non accompagnati, di cui uno di 12 anni - al largo della Libia.

L'imbarcazione battente bandiera olandese continua a chiedere di sbarcare sull'isola i naufraghi dopo essersi rifiutata di riportarli a Tripoli, che le era stato assegnato come «porto sicuro» dalle autorità libiche. Violando i divieti previsti dal decreto sicurezza bis, però rischierebbe multe salatissime e il sequestro della nave. Ieri, dopo che sabato sono sbarcati a Lampedusa sette migranti per problemi di salute (tre donne, due bambini e due uomini), insieme con tre loro familiari, è arrivato anche il primo atto della magistratura.

La Procura di Agrigento, competente territorialmente proprio per i migranti fatti scendere sull'isola, ha aperto un'inchiesta contro ignoti per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e sta sentendo i naufraghi per ricostruire la vicenda. L'apertura dell'indagine da parte dell'aggiunto Salvatore Vella potrebbe portare il braccio di ferro a nuovi sviluppi. Erano stati gli stessi magistrati di Agrigento ad aprire un'inchiesta su Sea Watch, a ordinare il 20 maggio scorso il sequestro probatorio della nave e, poco dopo, il 2 giugno, a dissequestrarla, consentendole di riprendere il mare verso l'area Sar libica. Per questo l'ufficio del pm Luigi Patronaggio è nel mirino delle critiche del ministro Salvini, che nei giorni di battaglia contro la ong a colpi di direttive, si è scagliato contro il «meccanismo» del «sequestro e dissequestro» di «qualche magistrato». Perché «è la terza volta che vediamo questo film». E, ha insistito ieri Salvini, «al di là della discussione sulla Libia, ci sono tanti altri porti sicuri».

Quello di Tripoli sicuro non lo è, ribadisce il Consiglio d'Europa con parole che sono un atto d'accusa alle politiche anti ong di Salvini e ai suoi porti chiusi per le navi umanitarie. «Sono molto preoccupata per l'attuale approccio del governo italiano sulla questione - ha detto la commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic - Le ong, come Sea Watch, sono cruciali per salvare vite in mare, specialmente dopo che i Paesi europei hanno lasciato un vuoto negli ultimi anni nella capacità di soccorso». Secondo la commissaria, «piuttosto che stigmatizzare, attaccare e criminalizzare le ong, bisognerebbe sostenerle: penalizzare loro o altri perché salvano vite in mare è contro la legge del mare ed il diritto umanitario».

«Il parere del Consiglio d'Europa conta meno che zero per me», ha risposto il titolare del Viminale. «Si arriva in Italia se si ha il permesso, le ong sono al di fuori della legge. Questa Sea Watch è da giorni a zonzo per il Mediterraneo, sarebbe già arrivata in Olanda: è una nave olandese - ha aggiunto - In Italia con il mio permesso non arriva nessuno, possono mandare i Caschi blu, il commissario Basettoni, Pippo, Pluto e i Fantastici 4. Barchini e barconi non ne arrivano».

Per Sea Watch invece i «naufraghi hanno bisogno di sbarcare subito. Chiediamo con forza che si faciliti la disponibilità delle città tedesche ad accoglierli», che era arrivata da diversi sindaci della Germania. Manca però un accordo tra Salvini e il suo omologo tedesco Horst Seehofer.

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