La «barberia» di Montecitorio, simbolo dei privilegi del Palazzo da aprire «come una scatola di tonno» (cit. Beppe Grillo). Invece nella scatola di tonno i grillini ci si sono trovati benissimo, ancora meglio se coccolati dalle sapienti mani dei mitologici barbieri della Camera, che il M5s volevano dapprima abolire, poi ridimensionare, alla fine frequentare da clienti soddisfatti. Luigi Di Maio ci tiene molto ad avere i capelli in ordine e ha trovato comodo farseli curare senza neppure uscire da Montecitorio, dai barbieri della «Casta» inquadrati contrattualmente come assistenti parlamentari. E infatti li assistono: barba, capelli e lozione. Nei cedolini del vicepremier la trattenuta per «Servizi di barbieria» non manca mai. Nell'ultimo, pubblicato dal leader politico dei Cinque Stelle (risalente a febbraio perché il sistema di rendicontazione grillino è diventato più complicato per evitare nuovi casi di finte restituzioni) si trova la spesa, modesta, per farsi tagliare i capelli dai barbieri della Camera: 36 euro. Poco, anche perché i barbieri sono dipendenti del Parlamento quindi il loro reddito (che arriva a 136mila euro l'anno) non dipende dal fatturato della bottega che può quindi tenere i prezzi bassi: 15 euro un taglio, 8 euro la barba, 6 euro la frizione extra. Quindi per 36 euro Di Maio si è forse tagliato i capelli due volte in un mese. Ma i capelli vanno curati, e infatti anche nella busta paga dell'onorevole Di Maio del mese precedente, gennaio, c'è la voce «Servizi di barbieria», stavolta 41 euro. E così pure a dicembre (36 euro), a novembre (26 euro), ad ottobre (51 euro), a settembre (54 euro), a luglio (41 euro)... Non si può pretendere che vada da un barbiere qualsiasi, con tutti gli impegni che ha con due ministeri da portare avanti. E infatti non è l'unico ministro Cinque Stelle che si fa curare la chioma dai barbieri di Montecitorio. Anche il Guardasigilli Alfonso Bonafede, fedelissimo di Di Maio, è fedelissimo anche in quello e pure lui è tra gli aficionados del servizio. Ogni mese ci fa un salto, è tanto comodo e pure economico. E pure Roberto Fico, presidente della Camera che esordì in stile pauperista recandosi a Montecitorio in autobus - sì ma solo il primo giorno - e facendosi fotografare seduto da un barbiere in centro a Roma e non da quelli della Camera. «È un messaggio del grillino alla casta del Palazzo» scrissero i giornali affascinati dal presidente francescano che rinunciava alle comodità. Bè pure lui, tempo due mesi, e si è accomodato dagli assistenti piliferi dei deputati: 23 euro di trattenuta, quanto basta per rifinire barba e capelli. E pensare che proprio gli stessi grillini, nel 2013 da poco sbarcati in Parlamento, scrissero ufficialmente all'allora presidente Boldrini: «I 1.521 dipendenti della Camera dei Deputati costano ai cittadini 270 milioni di euro ogni anno.
Un costo insostenibile. Vogliamo conoscere i curriculum e stipendio di ogni dipendente» scrissero indignati. I barbieri erano in cima alla lista degli sprechi. Ma alla fine, invece di tagliarli, si sono fatti tagliare i capelli da loro.
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