Era stato tentato, fortemente tentato, di mollare la poltrona della Pisana anzitempo. Nicola Zingaretti, piddino di stretta osservanza, sentiva mancargli il terreno sotto i piedi. E voleva mollare prima del termine per potersi candidare alle politiche. Magari sognando un futuro da segretario del suo partito come molti suoi caudatari vanno sussurrando da tempo. E invece, anche grazie alle poco garbate insistenze della direzione del Nazareno, ha dovuto presidiare il fortino della Pisana. E affrontare le forche caudine del voto contro la pentastellata Lombardi.
Ieri la consacrazione. Come a dire: almeno il fortino del Lazio è salvo. Sì, è salvo. Ma ci è mancato poco. Zingaretti e le liste collegate (qui aveva al suo fianco anche Liberi e Uguali) hanno ottenuto poco più del 32% dei voti. Un trionfo quasi al fotofinish contro il suo avversario. Non la Lombardi, però, che si è fermata al gradino più basso del podio e che, indispettita, ha annullato l'incontro coi giornalisti. Bensì Stefano Parisi, in campo per la coalizione del centro-destra. Tra i due una forbice minore di due punti percentuali. Parisi, infatti, ha raccolto quasi il 30% dei voti. Anche questa volta, come per le elezioni comunali a Milano di due anni fa, Parisi partiva come outsider. Difficile (ma non impossibile) sconfiggere il candidato del centro-sinistra. E il risultato allora come oggi è stato sorprendente. Nessuno si aspettava che la forbice tra Beppe Sala e Parisi fosse di un solo punto percentuale. E nessuno avrebbe creduto possibile una rimonta simile. È vero che Parisi è stato aiutato in questo suo exploit dalla buona tenuta del centro-destra su base nazionale. Però la presenza del sindaco di Amatrice tra i concorrenti alla guida della Pisana, rendeva difficile la scalata. E invece Parisi è arrivato a una sola incollatura da Zingaretti. A premiarlo la provincia di Latina ovviamente. A condannarlo, ovviamente la provincia di Roma (la più popolosa). Basta vedere il dato romano. Nella capitale la lista di Pirozzi si è fermata al 2,8%. Il Pd ha fatto meglio che a livello nazionale prendendo oltre il 22% di voti, piazzandosi in questo modo al secondo posto (e di pochissimo) dietro i grillini. Anche Liberi e Uguali ha ottenuto un risultato ben più lusinghiero di quello delle politiche (il 4,3 contro il 3,3%). Il centro destra, però, ha preso il 30% con Forza Italia primo dei tre partiti (oltre il 12%). A far riflettere, è anche il dato dei Cinque Stelle che nel Lazio sono andati quasi in controtendenza. Segno che la Lombardi non è comunque riuscita a recuperare l'handicap di una gestione grillina del Campidoglio che lascia molti dubbi nell'opinione pubblica.
A far vincere Zingaretti, comunque, è stato l'errore di valutazione di Sergio Pirozzi e del suo mentore, Francesco Storace, nel volersi candidare alla Regione senza concedere accordi. I suoi voti avrebbero fatto vincere un centrodestra unito. «Sapevamo che Parisi era un candidato competitivo - spiega Marco Marsilio, portavoce regionale di Fratelli d'Italia - e lo abbiamo candidato per questo. Fa rabbia il voto disperso su una candidatura di disturbo, velleitaria e strumentale, funzionale alla permanenza di Zingaretti».
A fine giornata
l''allarme più concreto lo lancia però lo stesso Parisi. «Purtroppo con questi dati - commenta il candidato presidente del centro-destra - sembrerebbe che ci sia il rischio di non avere alcuna maggioranza nel Consiglio regionale».
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