Quarantacinque anni fa la tragedia del Vajont

Quarantacinque anni fa la tragedia del Vajont

Milano - Quarantacinque anni fa, alle 22.39 del 9 ottobre del 1963, un pezzo del monte Toc rovinò nel bacino della sottostante diga. Il manufatto resistette all’impatto dell’acqua ma un’onda altissima scavalcò la diga travolgendo l’abitato sosttostante. Duemila le vittime contate e cinque paesi coinvolti:Longarone, Castellavazzo, Erto Casso e Vajont. Una tragedia. Domani la commemorazione. Due gli eventi cardine della giornata: l’omaggio a chi è defunto, e riposa nel cimitero allestito appositamente, di Fortogna e il rintocco delle campane alle 22.39 quando la massa d’acqua travolse la vallata. Le celebrazioni proseguiranno fino al 13 dicembre con vari eventi.

Il racconto di una superstite
Ore 22.39, 9 ottobre 1963, Longarone. "Ero a letto, avevo 12 anni, stavo aspettando mio papà che tornasse con la mamma. Mio papà lavorava in diga, era uno dei controllori. Aveva iniziato il turno alle 14, alle 22, finito il turno, avrebbe percorso come sempre i dieci chilometri che distavano dal paese e sarebbe andato a prendere mia madre, che lavorava nel centro di Longarone. Si facevano sempre una passeggiata romantica a piedi per ritornare a casa insieme. Erano due innamorati. Ho sentito arrivare papà, da solo, e poi subito andare via con la macchina. Dopo 5 minuti un tuono fortissimo, pensavo fosse il temporale. Anche mia nonna lo pensava, è entrata in camera mia e ha detto chiudo le imposte arriva il ...non ha fatto in tempo a finire la frase. È andata via la luce. Ho sentito come se la mia faccia fosse tirata per i capelli, c’era come un buco che mi voleva risucchiare e la stanza che si allargava e poi restringeva. Il viso come una medusa, appiccicoso e tirato. Avevo le mani lungo i fianchi ma ho avuto un moto di ribellione e ho alzato le braccia davanti a me: dovevo toccarmi il viso, credevo di non averlo più. Così mi sono salvata, sono riemersa da sotto terra, ero stat spazzata via, lontano 350 metri da dove era la mia casa, il mio letto, ero sepolta da fango e acqua. Ma l’acqua non la ricordo, non ricordo il bagnato. Ora dopo 45 anni, devo dormire con la finestra sempre aperta, non riesco a farmi il bagno in una vasca, per bere un bicchiere d’acqua ho bisogno di fare piccoli sorsi, mi manca il respiro. Il mio sogno sarebbe quello di diventare una subacquea". Lo racconta così il suo 9 ottobre di 45 anni fa Micaela Coletti, presidente del Comitato sopravvissuti Vajont.

All'improvviso sono volato via
Domani è il 45simo anniversario del disastro del Vajont che inghiottì 1917 persone. Sono rimasti in 30, i sopravvissuti, quelli usciti vivi dalle macerie di detriti e fango. Altri, superstiti, perché migranti all’estero, per lavoro, ma quella notte hanno perso le loro famiglie. "Ricordo tutto, avevo dieci anni, dormivo con mio fratello di tre anni, i miei genitori erano nell’altra stanza - racconta un altro sopravvissuto Gino Mazzorana, vicepresidente del comitato - all’improvviso un forte vento, la casa ha tremato, pensavo ad un terremoto. Sono volato via, mio fratello mi è sfuggiro dalle mani. Ho fatto un volo di duecento metri. Ho chiamato mia madre, "aiutami, portami via"; poi alle tre di notte ho intravisto le lucine delle torce dei soccorritori, come fiammelle".

Una fondazione contro l'oblio della memoria
Per ricordare tutto questo è nata la Fondazione Vajont, dall`accordo transattivo, tra il Comune di Longarone e la Società Edison Spa, per i danni causati nella catastrofe. La Fondazione, nata 5 anni, realizza corsi per ingegneri, ricerche e studi scientifici sul territorio e sul rischio idrogeologico, vantando anche collaborazioni internazionali con Giappone e Cina. Il progetto è creare un laboratorio permanente di ricerca - spiega il sindaco di Longarone - "perchè la lezione del Vajont venga ascoltata, come finora non si è fatto: dopo il disastro si è continuato a costruire sul Piave, e dati i rischi di esondazione non era il luogo più adatto".

Domani le commemorazioni per il 45esimo del disastro del Vajont iniziano a Longarone la mattina in municipio. Poi nel pomeriggio saranno deposte corone a Fortogna, il "cimitero delle vittime", il vescovo di Belluno celebrerà la messa. La sera una veglia e alle 22.39, l’ora della tragedia, un minuto di silenzio.

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