«Quel bimbo nato in vitro ci ha donato la giovinezza»

Dopo la perdita del primogenito, a 63 anni, Rosanna Della Corte diventò di nuovo madre. All'epoca fu considerato uno scandalo. Oggi vive felice con marito e figlio

«Quel bimbo nato in vitro ci ha donato la giovinezza»

Tutto comincia il ventisette luglio del 1991. Un giorno tragico: il giovane Riccardo, residente a Canino, piccolo comune in provincia di Viterbo, perde la vita investito da un'automobile mentre sulla sua Vespa stava andando al mare. Per Rosanna Giorgi e Mauro Della Corte, padre e madre vittima, è lo sprofondo nell'abisso della disperazione: Riccardo era il loro unico figlio, la ragione di vita. Il dolore ai due genitori che, all'epoca più che sessantenni, iniziarono un lungo percorso per cercare di adottare un bambino.

Quell'estenuante corsa all'adozione però fallì. Così si rivolsero al professor Antinori. Il desiderio di avere un figlio per Rosanna e Mauro era più forte di qualsiasi altra cosa. Severino Antinori, già dal 1986, aveva iniziato in maniera pionieristica la fecondazione in vitro anche per le donne che avevano già raggiunto la menopausa. Fu quella una scelta coraggiosa da parte della signora Della Corte che andò in quel modo contro un sentimento comune che vedeva nella fecondazione artificiale uno strumento inumano di accanimento scientifico tanto che il professor Antinori fu accusato di «sfidare la natura» e la signora Rosanna fu soprannominata «nonna-mamma».

Psicologi e psichiatri si divisero sull'opportunità per una donna di 63 anni di diventare mamma attraverso la fecondazione artificiale; Ernesto Caffo presidente di «Telefono azzurro» dichiarò che il bambino «rischiava di essere trasformato in un contenitore dei bisogni della mamma per sopperire a una mancata elaborazione del lutto». Lo psichiatra Paolo Crepet sostenne che quella di avere un figlio in tarda età era «una decisione che nasce da un senso di colpa dovuto alla morte del primo figlio, un senso di colpa spesso presente in casi del genere indipendentemente dal tipo di morte del figlio».

Furono quelli dal 1991 al 1994 tre anni molto faticosi per i coniugi Della Corte che da un lato seguirono in modo puntuale ogni prescrizione del professor Antinori mentre dall'altro dovettero combattere con un sentimento moralista che criticava la scelta fatta. Antinori, naturalmente, difese a spada tratta quella scelta sia dal punto di vista scientifico spiegando che la signora Della Corte aveva 63 anni «ma biologicamente non ne aveva più di 40». Per lui quella scelta era «un grande atto d'amore». Non fu per Rosanna un percorso facile; infatti prima di portare a compimento la gravidanza dovette subire un aborto e sei tentativi di fecondazione artificiale fino a quando, finalmente attraverso una nuova tecnica messa a punto dal professor Antinori, chiamata «hatching», riuscì a rimanere incinta. Il 18 luglio del 1994 alle 10,18 in una clinica romana, con parto cesareo, nacque quel tanto desiderato figlio.

Riccardo, fu chiamato così in ricordo del loro primo figlio. Rosanna Della Corte divenne cosi nel 1994 la mamma più anziana della storia. Per il professor Antinori «il trionfo della cultura della vita contro quella della morte».

Oggi Riccardo ha vent'anni, alto un metro e ottantacinque d'altezza, cresciuto senza alcun tipo di problema o di turbamento. Ha sempre vissuto a Canino crescendo sereno e diplomandosi all'istituto tecnico industriale di Viterbo. Bravo giocatore di pallone ha militato nella squadra di calcio locale. Tutti lo conoscono e tutti gli vogliono bene; Sua madre ha 82 anni e il marito, Mauro 85, sono genitori presenti ed attenti e loro figlio vive con loro. Rosanna parla con la naturalezza e l'immediatezza delle persone semplici e profonde. È felice, vent'anni dopo, della possibilità di avere portato a termine una gravidanza così «socialmente ostacolata». Mostra grande gratitudine per il professor Antinori con il quale mantiene i contatti. «Ho provato in tutti i modi ad adottare un figlio- racconta- ma a causa della mia età negli anni Novanta nessuno mi concedeva quella opportunità». La sua rabbia cova verso tutti quei centri di accoglienza per minori, dove lei vedeva come spesso questi bambini fossero lasciati e abbandonati. «Con mio marito ci siamo messi insieme a vent'anni e oggi sono sessantaquattro anni che ci amiamo»- spiega-.

«Quando è morto il nostro Riccardo abbiamo iniziato a morire anche noi; morivamo giorno dopo giorno Poi l'arrivo di Riccardo junior che ci ha fatto rinascere». «Il nostro Riccardo non ha sostituito nessuno -prosegue-. Pur assomigliando al primo figlio per noi è come se avessimo avuto due ragazzi: uno più grande e uno più piccolo»

@terzigio

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