Un errore giudiziario si può sempre commettere. Le conseguenze sono drammatiche ma c’è chi ha il coraggio di comprendere le cause dell’errore e perfino di giustificarlo. Ciò che però è assolutamente inaccettabile, ciò che appare come una violenza al buon senso e al rispetto più elementare della persona è quando non si vuole comprendere a quale disastro può portare un errore giudiziario e si pensa che comunque c’è un secondo, un terzo grado del giudizio che può porre rimedio. E intanto passa il tempo, trascorrono gli anni, si distruggono le persone e i loro affetti, quasi fosse il destino cinico e baro ad essere il regista della tragedia e non un giudice con la sua superficialità o incompetenza. La sentenza di primo grado del tribunale di Vercelli giudicò due genitori «indegni» a svolgere il proprio ruolo, sottraesse loro la patria potestà, affidò le loro tre figlie a una casa di accoglienza. Tutto questo accadeva sette anni fa, in seguito alla denuncia di tre bambine che avevano sostenuto di essere state violentate dallo zio e dal nonno. La nipote più grande aveva dichiarato a un’insegnante di sostegno: «Il nonno fa sempre lo stupidino e mi alza la gonna». A favore dei due parenti accusati, intervennero i genitori delle tre bambine allora di quattordici, dodici e nove anni: «Sono sempre state fantasiose, si sono condizionate l’una coll’altra», dichiararono. E non solo i genitori non furono creduti, m a vennero ritenuti complici dello zio e del nonno. A loro furono portate via le figlie mentre nonno e zio ebbero una condanna a otto anni di prigione. Gli accertamenti medici dimostrarono, senza dubbi, che le tre bambine non subirono violenze di alcun genere, e tuttavia le bambine vennero credute. A distanza di quasi otto anni dalla denuncia che distrusse una famiglia, la Corte di appello di Torino ha ora sentenziato che il fatto non sussiste. Le due adolescenti più grandi sono ormai maggiorenni e decideranno se tornare in famiglia oppure andare a vivere per conto proprio; la più piccola invece rimane nella casa di accoglienza perché ai suoi genitori non è ancora stata revocata la sentenza che li ha privati della patria potestà. Qualcuno si potrà anche rallegrare: la giustizia ha fatto il suo corso e alla fine h a trionfato la verità. La cosa scandalosa sono però i tempi in cui la giustizia perviene alla verità. Una lentezza devastante che con un po’ di responsabilità e di buon senso i giudici, a cominciare da quelli di primo grado, dovrebbero evitare. Gli anni trascorsi per arrivare all’assoluzione hanno sottratto tre bambine all’educazione dei genitori che, evidentemente, le conoscevano molto bene, certamente meglio del giudice che ha creduto alle loro fantasie divenute terribili atti d’accusa. E i genitori, privati delle figlie, hanno subito l’onta peggiore, quella di essere ritenuti carnefici dei propri figli. Se la questione dei tempi del giudizio è in ogni circostanza fondamentale per il rispetto della persona, in un caso come quello ora descritto diventa una questione di vera e propria etica pubblica. I giudici vanno e vengono dal penale al civile, dal tribunale dei minori a quello in cui si trattano reati di mafia. Ci dovrebbe essere una competenza specifica di chi si trova a giudicare problemi tanto delicati come quelli che riguardano la vita delle famiglie. Ma la vicenda di Vercelli mette in luce un altro aspetto deleterio del politically correct giudiziario. La credibilità e la difesa del minore che denuncia violenza sessuale, appaiono al giudice innanzitutto indiscutibili. Una credibilità e una difesa molto simili a quelle che si riconoscono alle donne in analoghe denunce di violenza sessuale patita. Il modo di procedere segue un copione altrettanto violento quanto la presunta violenza denunciata: intanto si mandi in galera l’accusato, lo si dà in pasto all’opinione pubblica, poi si vedrà se è davvero colpevole.
Sembra quasi che il giudice debba fare ammenda di un atavico senso di colpa, per il quale la nostra civiltà non avrebbe sufficientemente protetto, nella sua storia millenaria, donne e bambini. Insomma, meglio credere sempre a un bambino o a una donna: se sono bugiardi poi si vedrà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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