Riscaldamento e tata gratis Il conto lo paga la Regione

Dall'Alto Adige alla Sicilia: per un italiano su sette curarsi, accudire i figli o avere un lavoro è più facile Merito dei 40 miliardi che lo Stato ogni anno consegna ai territori a statuto speciale

di Angelo Allegri

Nel 2014, buoni ultimi, ci hanno provato gli abitanti di Voltago Agordino, piccolo comune del Bellunese: con un referendum tenutosi nell'agosto scorso hanno votato compatti per l'annessione al Trentino Alto Adige. Ma anche questa volta Trento e Bolzano hanno risposto picche: poche settimane fa le due amministrazioni provinciali, competenti per legge, hanno respinto formalmente la richiesta. Motivo: Voltago non ha mai fatto parte del cosiddetto Trentino storico. Quello, per intenderci, dell'impero austro-ungarico. Argomento scientificamente inoppugnabile che testimonia la diffidente cautela con cui il Trentino Alto Adige difende il proprio territorio dalle invasioni dei vicini. Non è tanto questione di tradizioni, quanto di soldi e di torta da dividere. Per un comune, passare dal Veneto al Trentino (così come, più a ovest, emigrare dal Piemonte alla Val d'Aosta) vuol dire lasciarsi alle spalle una vita di ristrettezze per entrare nel regno dell'abbondanza. «E non c'è solo la possibilità di avere dei finanziamenti in più», spiega Bruno Zanvit, sindaco di Voltago. «Il grande vantaggio è quello di poter decidere tutto a livello locale». Sì, perché tra Belluno e Trento non corre solo un confine provinciale, ma una frontiera ben più profonda: quella tra Regioni a statuto ordinario e Regioni a statuto speciale, ovvero tra federalismo di Serie A e federalismo di Serie B. Nel primo campionato giocano Trentino (...)

(...) Alto Adige, Val d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Nel secondo tutte le altre regioni. La differenza è testimoniata dai numeri: le «magnifiche cinque» rappresentano il 15% della popolazione italiana ma, secondo gli ultimi dati della Corte dei conti per il 2013, il 23% delle spese regionali, una fetta da oltre 40 miliardi di euro. Il flusso di denaro contribuisce ad alimentare sprechi e clientele (basti pensare alla Sicilia), ma nelle ricche Regioni a statuto speciale del Nord si traduce spesso in uno stato sociale da Paese scandinavo, con servizi del tutto ignoti agli altri cittadini italiani e che proprio per questo si trasformano in veri e propri «privilegi»: dal finanziamento per la baby sitter dei bimbi concesso dalla Val d'Aosta, al reddito di garanzia per i disoccupati votato pochi giorni fa in Friuli. E non a caso proprio la governatrice friulana Debora Serracchiani è stata di recente protagonista di una polemica rovente con un altro esponente di primo piano del Pd, il presidente della Toscana Enrico Rossi. Quest'ultimo, di fronte all'ennesimo taglio chiesto alle Regioni ordinarie, aveva invocato con un'intervista la riforma degli statuti speciali, suscitando le veementi proteste della collega.

ENTRATE ASSICURATE

Il diverso trattamento tra Regione e Regione ha rispettabilissime ragioni storico-istituzionali. Nei primi anni della Repubblica si decise di concedere a determinate aree del Paese, considerate particolarmente «delicate», un'autonomia locale più «spinta». Negli statuti regionali, che hanno valore di leggi costituzionali (nel caso di Trento e Bolzano, separati dalla lingua, si diedero più strumenti alle province), furono incisi gli strumenti finanziari per fare fronte a questi maggiori poteri. Così, per esempio, la Sicilia può trattenere tutte le tasse riscosse nell'isola (salvo imposte doganali, accise e tributi su tabacchi e lotto); la Val d'Aosta si tiene tutti i proventi di Irpef, Ires, Iva, tassa sull'auto, accise su elettricità, benzine e tabacchi, mentre di ogni altro tipo di imposta incamera i 9/10; al Trentino Alto Adige e alle province di Bolzano e Trento spettano Irap, imposte ipotecarie, tasse sul lotto, i 9/10 dell'Iva e di tutte le altre imposte erariali.

Il risultato è che mentre le Regioni ordinarie dipendono per i finanziamenti dalle decisioni statali, le Regioni speciali hanno delle fonti di reddito sicure su cui lo Stato non può mettere le mani. E anche quando, come negli ultimi anni, si tratta di stringere la cinghia e di risparmiare sulle spese, le Regioni a statuto speciale possono permettersi di sedersi al tavolo delle trattative con il governo accompagnate da legioni di avvocati, pronti a far partire raffiche di ricorsi per il mancato rispetto degli statuti.

Nessuna meraviglia, dunque, che quanto a spese le Regioni «speciali» siano ai vertici delle classifiche nazionali. Secondo le ultime elaborazioni del Sole 24 Ore , basate sui bilanci preventivi per il 2015, la Regione Val d'Aosta spende 9.837 euro per ogni cittadino. A seguire vengono la provincia di Bolzano (9.656 euro pro capite), quella di Trento (8.097), Friuli Venezia Giulia (5.172). La Sicilia è sesta con 4.042 euro a testa. Per dare un termine di confronto le spese delle Regioni a statuto ordinario vanno dai 4.622 euro per cittadino del Molise ai 2.239 della Lombardia. Aosta, insomma, spende quattro volte Milano.

FABBRICHE DI IMPIEGATI

Naturalmente parte della differenza si può spiegare con le maggiori competenze affidate alle Regioni a statuto speciale. Ma la spiegazione è, appunto, parziale. Se per esempio si guarda ai fondi (regionali) assegnati alle Asl, che fanno o dovrebbero lo stesso lavoro, si notano le differenze: secondo un recente studio della rivista specializzata «About Pharma» l'azienda sanitaria di Bolzano ha a disposizione 2.421 euro per ogni assistito, quella di Trento 2.107 e quella di Aosta 2.104. Un bel po' di soldi in più rispetto alla media delle Asl italiane che devono cavarsela con 1.444 euro (e la media, naturalmente, comprende anche le Asl più ricche).

Un'altra caratteristica delle Regioni «speciali» è l'abbondanza di personale. La Val d'Aosta ha gli stessi abitanti di un quartiere di Milano (126mila) ma più o meno lo stesso numero di dipendenti regionali dell'intera Lombardia (2920 contro 3146). Il risultato è che in Val d'Aosta ci sono 35 dipendenti regionali ogni mille abitanti in età lavorativa, contro una media di un dipendente regionale per ogni lavoratore nelle Regioni a statuto ordinario. Nella provincia di Trento il rapporto è oltre 13 regionali per ogni lavoratore. Anche in questo caso è solo frutto delle maggiori competenze delle Regioni «speciali»? C'è davvero da dubitarne e basta guardare alla spesa complessiva dello Stato suddivisa a livello regionale (i calcoli sono della Corte dei conti) per rendersene conto: ogni valdostano riceve complessivamente dalle amministrazioni pubbliche 10.207 euro, poi vengono sardi (5.892), friulani (5.852), trentini e altoatesini (5.188). I cittadini delle Regioni ordinarie come veneti e lombardi sono in fondo alla fila con meno di 3mila euro.

La realtà è che, da qualsiasi parte si guardi il problema la differenza la fanno i soldi, e cioè quelle tasse che le Regioni speciali hanno diritto di tenersi. E che consentono di non lesinare con le assunzioni o di introdurre quei servizi sociali da privilegiati a cui si è già fatto cenno. Avete un bambino di età inferiore a tre anni? La Regione Val d'Aosta vi paga fino al 70% della spesa per la tata. Volete comprare casa? La provincia di Bolzano vi «regala» in alcuni casi fino a 58.500 euro e in più vi fa anche avere un mutuo con un tasso di interesse pari a zero. Avete perso il lavoro? La provincia di Trento e da qualche giorno anche il Friuli offrono una forma di reddito di garanzia che può raggiungere i 6500 euro l'anno. E si potrebbe continuare a lungo (vedi anche il riquadro in queste pagine). Si tratta in molti casi di servizi più che civili e apprezzabili, ma che cosa succederebbe se anche il Veneto o la Lombardia decidessero di tenersi tutte le tasse versate fino ad oggi allo Stato per finanziare il proprio super- welfare state ? E poi, se alla fine della guerra poteva avere un senso sostenere aree di frontiera caratterizzate da difficili situazioni geopolitiche, siamo sicuri che valga la pena oggi, visto che proprio Val d'Aosta e Trentino Alto Adige sono in testa a tutte le classifiche italiane per reddito pro-capite?

FESTIVAL DI SPRECHI

Caso del tutto diverso è quello della Sicilia: qui il federalismo a statuto speciale si è trasformato in puro clientelismo. E le tasse trattenute a norma di statuto servono soprattutto a mantenere un esercito di dipendenti regionali: ufficialmente sono quasi 18mila (sei volte tanto la Lombardia con più o meno la metà degli abitanti). L'elenco di sprechi regionali ha riempito e riempie quotidianamente giornali e libri. Tanto da far dire al catanese Francesco Merlo, editorialista di Repubblica , che di fronte alle ruberie, all'abuso e all'inefficienza dell'amministrazione isolana «l'autonomia deve essere abolita per bancarotta economica, politica e morale».

Non che, nelle virtuose Regioni speciali del Nord gli sprechi manchino. Tutt'altro. Per fare solo un esempio si può guardare a una caratteristica che accomuna Val d'Aosta e Trentino Alto Adige: la debolezza delle classi dirigenti locali per gli aeroporti. Lo scalo commerciale Corrado Gex, a Saint Cristophe, pochi chilometri da Aosta, è costato 30 milioni di euro e non è mai stato usato per un singolo volo di linea. Oggi perde 3 milioni all'anno.

Idem a Bolzano: l'amministrazione provinciale ha investito 100 milioni nello scalo di San Giacomo. Risultato: sì e no un volo di linea al giorno e un disavanzo complessivo di 25 milioni. Soldi buttati nel nome dell'autonomia.

Angelo Allegri

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