Cronaca locale

Lazio, è legge la tassa sulla pipì: i locali possono far pagare i non clienti

La norma entrerà in vigore tra pochi giorni. Nel Lazio, per utilizzare il bagno di un locale i non clienti dovranno pagare una cifra che sarà lasciata alla discrezionalità dell'esercente

Lazio, è legge la tassa sulla pipì: i locali possono far pagare i non clienti

Brutte notizie per i cittadini di Roma, del Lazio e per i tanti turisti che affollano la regione. Tra pochi giorni anche nei bar della Capitale i non clienti dovranno pagare per poter andare in bagno in un locale pubblico.

Non appena il nuovo Testo Unico sul commercio verrà pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio, i bar, le pizzeria, le tavole calde e i ristoranti potranno decidere se richiedere un obolo a quanti hanno necessità impellenti ma non consumano. Come riporta Il Tempo, la Regione Lazio cerca di coprire un vuoto normativo andando incontro, allo stesso tempo, alle richieste delle associazioni di categoria che da sempre difendono il diritto di farsi pagare l'uso del bagno pubblico. Anche perché, indubbiamente, la manutenzione di quel servizio per chi gestisce un locale rappresenta un costo.

Il Comune di Roma, che sulla materia ha già legiferato in passato, dichiara che l’esercente non può negare l'uso della toilette a chiunque ne faccia richiesta, ma non specifica se deve farlo a pagamento. Ora, però, le cose cambieranno. Il titolare dell'esercizio pubblico sarà obbligato a esporre il prezzo del servizio per i non clienti. Ma ci saranno eccezioni per i portatori di handicap, i minori e le donne incinte.

Eppure le grane non finiscono qui. Perché il comma non specifica il costo per poter usufruire del servizio che sarà lasciato alla discrezionalità dell'esercente. Il prezzo per fare pipì, insomma, potrebbe costare pochi centesimi o una decina di euro. Si potrebbe ipotizzare, ma sono solo pensieri che si basano su idee e non su elementi certi, che una persona per andare in bagno in un locale del centro di Roma potrebbe sborsare 100 euro.

Per chi lavora in un locale, poi, vi sarebbe un problema. Chi controllerà se in bagno davvero entrerà solo chi ha consumato? Sarà necessario assumere un “addetto alla pipì”? Chi in Regione difende il provvedimento fa notare come il comma nel Tuc sia stato aggiunto per fare chiarezza sulla materia.

Il Comune di Roma potrebbe agire di conseguenza applicando un correttivo alla norma già esistente aggiungendo una frase che specifica l'uso dei servizi igienici gratuiti per tutti e inserirla in un nuovo regolamento o, invece, emanare un'ordinanza.

“C'è una sentenza del Tar della Toscana – ha dichiarato la consigliera regionale, Marta Leonori - che sancisce il principio in virtù del quale è illegittimo esigere che il titolare di un bar estenda anche ai non clienti l'uso dei servizi igienici in dotazione del locale”.

Questa tassa sulla pipì potrebbe, però, anche diventare una miniera d’oro per i proprietari dei locali di Roma. Se, ad esempio, si pagasse anche solo un euro per espletare i bisogni fisiologici, gli esercenti potrebbero incassare una ventina di milioni di euro l'anno.

Qualcuno fa notare che ci potrebbe essere anche un’altra soluzione che vada incontro alle esigenze dei proprietari dei locali e a quelle di cittadini e turisti. Lo Stato potrebbe garantire degli incentivi per venire alla categoria, come avviene in molte altre capitali europee e città del mondo. Più facile a dirsi che a farsi.

Nell’attesa di ulteriori sviluppi, chi necessita di usare un bagno pubblico faccia attenzione ad eventuali cartelli nei locali.

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