Santoro si vergogna dei soldi

Da giorni Silvio Ber­lusconi parla solo di rigore e sacrifi­ci. Da giorni Mi­chele Santoro parla solo di milioni di euro pubblici da sprecare per lui. Curio­so il destino del paladino degli ultimi, già patetico sponsor dell'Isola dei di­soccupati, microfono dei cassintegrati e dei senza lavoro. Le parti si inverto­no

Aggiornamento

Da giorni Silvio Ber­lusconi parla solo di rigore e sacrifi­ci. Da giorni Mi­chele Santoro parla solo di milioni di euro pubblici da sprecare per lui. Curio­so il destino del paladino degli ultimi, già patetico sponsor dell'Isola dei di­soccupati, microfono dei cassintegrati e dei senza lavoro. Le parti si inverto­no. Come succede per i nodi, anche i bluff arriva­no al pettine. Il colpo fina­le l'ha piazzato Gianluigi Paragone, conduttore di L'ultima parola , che l'al­tra sera su Raidue ha mes­so a nudo il Re. Non l'aves­se mai fatto. Re Santoro si è infuriato, per due moti­vi. Il primo è che ritiene Raidue cosa sua, il secon­do è che pensa di essere l'unico ad avere il diritto di fare a pezzi colleghi e av­versari. Ha preteso che la Rai prendesse le distanze da quella immondizia ed è stato accontentato. Ma chi si crede di essere? Ber­lusconi? Sarebbe diver­tente leggere da qualche parte, magari sul Fatto del suo amico Travaglio, la trascrizione delle telefo­nate intercorse tra lui e il povero direttore generale Diego Masi. Proteste, mi­nacce di mandare all'aria la recessione del contrat­to e di rifare una stagione di Annozero. Argomento sufficiente a far scattare sugli attenti tutto lo stato maggiore della televisio­ne di Stato. La verità però è un'altra, e la raccontano gli intimi dello stregone del video. Santoro ha paura e sta cer­cando un pretesto per prendere tempo e far salta­re eventualmente il tavo­lo­delle dimissioni concor­date e strapagate. Contra­riamente a quello che lui pensava i sui fans lo stan­no abbandonando, se in­cassa quell'assegno milio­nario diventa definitiva­mente r­icco ma la sua cre­dibilità di capo popolo è fi­nita per sempre. Questo bivio è una condanna per la nostra sinistra ipocrita, salottiera, intellettuale, fe­rocemente antiberlusco­niana ma invidiosa dei successi e delle ricchezze del cavaliere. È già succes­so a D'Alema, entrato a Pa­lazzo Chigi con le pezze al culo e uscito - lo dice Tra­vaglio- come un banchie­re. È capitato al comuni­sta Fausto Bertinotti, ca­duto nella trappola di fare il presidente della Came­ra per poi rimanere schia­vo di auto e aerei privati, camerieri e maggiordo­mi, arazzi e mobili d'epo­ca al punto da uscire e non trovare più neppure il partito che nel frattem­po gli aveva ovviamente e giustamente voltato le spalle. Del resto non c'è nulla di nuovo. Gli artefici della rivoluzione proleta­ria del ' 68 sono oggi alla te­s­ta dei giornali più borghe­si, ai vertici di multinazio­nali. Gianni Riotta iniziò la carriera al Manifesto e la sta finendo, maluccio, al Sole24Ore . Gad Lerner è passato dal Capitale al capitalismo di Telecom con la stessa facilità di be­re un bicchiere d'acqua. Mario Calabresi, diretto­re de La Stamp a, sta striz­zando l'occhio a chi gli ha ucciso il padre. Santoro è ancora più spiccio. Per di­ventare un piccolo Berlu­sconi si è messo dirett­a­mente nelle mani di Lucio Presta, l'agente di star e starlette del berlusconi­smo spinto, quello che lui ha attaccato e sputtanato in decine di trasmissioni.

Ovvio che adesso abbia paura. Un consiglio non ri­chiesto. Invece di prender­sela con il bravo Parago­ne, faccia come chi l'ha preceduto. Intaschi i soldi e si ricicli, passi dall'Isola dei disoccupati a quella dei famosi e amen. Me­glio per tutti.

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