Qualcuno dovrà pur dirlo agli scrittori che i loro libri non trovano più lettori e che primi in classifica sono le star del web come Matt&Bise, Favij, Massimo Bisotti, Benji&Fede, Sofia Viscardi, ma ci sono anche i cantanti come Ligabue, Lo Stato Sociale. D'accordo, qualcuno di loro scrive romanzi, qualcuno, come nel caso di Ligabue scrive racconti - poi dicono che i racconti non vendono -, qualcun altro scrive reportage o autobiografie in cui racconta quanti video posta su YouTube, quanti follower ha su Instagram, quanti Like ha su Facebook e via discorrendo. Ma il dato di fatto, incontestabile, è che il vero mainstream, oggi, non lo fanno i giallisti o i vari scrittori di romanzi, ma orde di persone, barbari veri e propri, che rimangono in classifica per anni come nel caso del Dottor Mozzi e della sua visionaria dieta basata sulla compatibilità tra cibo e gruppo sanguigno, o politici come Matteo Salvini e fumettisti alla Zero Calcare ed evergreen come Raffaele Morelli.
Intanto gli scrittori vanno nelle cinquine dei premi, le fascette aumentano esponenzialmente con il calo delle vendite, entrano in crisi e provano a scrivere romanzi storici che non vendono, allora provano con il giallo, che non vende, s'incaponiscono scrivendo un romanzo d'amore, che non vende, si buttano sulla poesia e infine non gli rimane altro da fare che un sequel del loro libro più venduto; di solito l'esordio di tanti anni prima. Ai festival letterari invitano attori, registi, fumettisti, giornalisti, opinionisti radiofonici e televisivi, fenomeni da baraccone, scimmie e folletti con bandana, tranne che gli scrittori. Perché tutti questi sono più comunicativi dei romanzieri e sembrano pure più intelligenti.
È una tendenza ormai decennale, ma se fino a questo momento era tutto latente, l'incapacità a parlare ai propri contemporanei, da parte degli scrittori, è ormai conclamata. Basta aver assistito a qualche incontro in cui Fabio Volo o Jovanotti erano invitati con maître à penser che fino a qualche anno fa erano mattatori retorici e oggi vengono affossati dall'immediatezza, dall'arguzia e dalla velocità di pensiero dei nuovi opinion leader che vendono, sono popolari, vengono seguiti dai lettori e sui social, vengono citati e condivisi come fossero i nuovi intellettuali, se ancora questa parola avesse senso, e danno pure l'impressione di essere dei veri e propri seduttori.
Eppure nei dibattiti tra scrittori sembra non possano esistere altri scrittori all'infuori di loro e della loro ristretta cerchia autoreferenziale. Se uno di loro ha pure la sfortuna di vendere qualche copia in più delle solite trecento di media, nel giro di poco viene radiato e ignorato da tutti gli altri. Poi quando li vedi, gli scrittori, un po' ti fanno pena, perché magari la letteratura e la cultura per un certo periodo della tua vita le avevi pure idealizzate, e trovarti davanti un essere abbacchiato, smunto, fuori forma, invidioso e mal vestito, fa una certa impressione. Ma tant'è, gli editori fanno finta di non capire, oppure sono i loro dipendenti che non funzionano, ancora legati all'idea di come deve essere lo storytelling, di come deve essere un romanzo, di come funziona una storia. Sarebbe un po' come parlare con Ippolito Nievo di fibra ottica e deep web. Intelligente, per carità, ma letteralmente fuori dal XXI secolo. Capita allora di godere nel vedere in classifica uno come Roberto Cerè, una sorta di filosofo dell'auto-aiuto sul cui sito c'è scritto DR. Cerè, oppure si vede Greta Menchi, youtuber, col suo Il mio libro sbagliato, in cui afferma «Questo, come avrete capito, è un libro tutto sbagliato». Oppure Antonio Dikele Distefano, che in modo quantomeno geniale crea romanzi d'amore con citazioni da canzoni pop e frasi da poter estrapolare per uso e consumo di emoticon e reazioni social. E intanto vende, crea indotto, viene invitato nelle scuole e negli incontri «che non contano» ma fattura denaro sonante. E gli altri rodono e censurano ignorando, perché per chi non l'avesse capito oggi come oggi la vera censura è l'indifferenza.
Allora il punto è proprio questo: cercare di capire perché primi in classifica ci sono quelli, e non altri, perché quando si ascoltano parlare si ha l'impressione di assistere a dialogo tra sordi in cui gli uni non si schifano a usare Wattpad, Periscope, Instagram o anche solo un canale web radio, e gli altri sono ancora legati alle strategie editoriali, ai salotti letterari milanesi o romani e considerano
un booktrailer il non plus ultra dell'avanguardia tecnologica e una recensione sull'inserto culturale li eccita come mufloni. È come se diverse ere geologiche, dinosauri e droni, convivessero nello stesso periodo storico.
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