Se per la giudice la frode fiscale vale più di 4 donne violentate

La vera storia del maniaco ancora in libertà: la magistrata non ha avuto il tempo di scrivere le motivazioni. Era impeganata ad accelerare il processo contro Berlusconi

Se per la giudice la frode fiscale vale più di 4 donne violentate

Di qua il processo lampo a Silvio Berlusconi. Di là il processo lumaca a uno stupratore, che rimane in li­bertà anche se condannato, perché le motivazioni della sua sentenza non sono state mai scritte. In mezzo ai due proces­si, lo stesso giudice: Alessandra Galli, che ha diretto a tappe for­zate il pr­ocesso d’appello al Ca­valiere per i diritti tv. Ma che nel frattempo, nonostante sia pas­sato un intero anno, non ha tro­vato il tem­po di scrivere le moti­vazioni della condanna del vio­lentatore. Così riparte la pole­mica sulle due velocità della giustizia. Ed è inevitabile chie­dersi: dovendo proprio sceglie­re, era più urgente processare Berlusconi o portare a compi­mento il processo al violentato­re?

Una risposta la si può cercare leggendo gli atti del processo al maniaco. Che non vi appare co­me un violentatore sporadico, ma abituale se non addirittura seriale. È stato accusato di ave­re colpito anche all’interno del proprio nucleo familiare, abu­sando della propria figlia. E poi ha preso di mira soggetti fragili che si affidavano a lui per guari­re con l’ipnosi dall’ansia e dalla depressione. Cosa accadesse loro durante le sedute di ipnosi, le pazienti lo hanno scoperto molto tempo dopo, quando so­no state convocate dai carabi­nieri. Era accaduto che il figlio del medico aveva visto sul com­puter del padre delle foto a me­tà strada tra l’esplicito e lo scon­volgente. Le aveva segnalate al­la madre. E la madre aveva fatto partire la denuncia contro il ma­rito: comprensibilmente sconvolta, anche perché a una delle vittime il medico aveva fatto in­dossare la biancheria intima della propria figlia.

Interrogate, le pazienti aveva­no negato con forza che quel ti­po di terapia facesse parte degli accordi col medico. Che così era stato incriminato perché «in esecuzione di un medesimo diseg­no criminoso in diverse circostanze di tempo costrin geva X a subire degli atti sessuali approfittando dello stato di inferiorità della persona offesa, consistenti in atti di masturba­zione e di penetrazione vagina­li». Il dottore viene incriminato anche per i maltrattamenti alla moglie e alle figlie.

Alle vittime del medico, la giu­stizia mostra da subito la sua faccia meno efficiente. La de­nuncia è del 2004, ma il proces­so di primo grado si tiene solo nel 2009, a cinque anni di di­stanza. E si conclude con la con­danna solo per i maltrattamen­ti in famiglia: gli stupri non so­no ritenuti tali, perché non è provato che, sebbene ipnotiz­zate, le vittime non fossero con­senzienti. La procura e la procu­ra generale fanno appello e ot­tengono che la Corte d’appello condanni l’imputato per tutti i capi d’accusa. Ma la Cassazio­ne il 24 novembre 2011 ordina un nuovo processo. Ed è a quel punto che il fascicolo approda sul tavolo della seconda sezio­ne penale della Corte d’appello milanese, e viene assegnato al giudice Alessandra Galli.

Il processo d’appello a Berlu­sconi per i diritti tv è di là da veni­re, perché in quel momento è ancora in corso il giudizio di pri­mo grado. Così il processo al medico viene fissato e celebra­to con solerzia. Il 20 luglio del­l’anno scorso la seconda sezio­ne della Corte d’appello mila­nese ricondanna l’imputato a sette anni di carcere. A dover stendere le motivazioni della condanna è il giudice relatore, Alessandra Galli. Cosa accada a quel punto non si sa. Di fatto, i tre mesi concessi dal codice passano senza che la dottores­sa depositi la sentenza. Così si arriva a ottobre, e qui il destino del medico si accavalla con quello di Berlusconi. Il 27 otto­bre il Cavaliere viene condan­nato in primo grado. Ai difenso­ri ven­gono concessi solo 15 gior­ni per presentare i ricorsi. Il pro­cesso d’appello viene assegna­to alla Corte presieduta da Ales­sandra Galli. Bisogna fare in fretta, perché la prescrizione in­combe. Il 18 gennaio si apre il processo d’appello al Cavalie­re. E il processo al medico, che nel frattempo è a piede libero, passa nel dimenticatoio.

Ed è ben vero che l’accusa di

stupro aggravato si prescrive in quindici anni, e quindi qualche tempo c’è ancora. Ma intanto il condannato è libero, anche se il reato che ha commesso è di quelli che per il codice impon­gono un trattamento più seve­ro.

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