Se l’Italia abbraccia l’islam è tutta colpa della Chiesa

Lo sapevate che sono circa 70 mila i musulmani con cittadinanza italiana? Lo sapevate che complessivamente in Italia i musulmani sono circa 1.583.000 pari al 2,7% della popolazione? Lo sapevate che l'islam è ormai la seconda religione d'Italia subito dopo il cristianesimo? Lo sapevate che mediamente in Italia nasce un luogo di culto islamico ogni 4 giorni? Lo sapevate che ormai sono attivi dei terroristi islamici con cittadinanza italiana impegnati nel Jihad, la guerra santa, contro gli ebrei, i cristiani, gli infedeli e gli apostati? Ebbene se non lo sapevate è certamente una grave lacuna. Ma ancor più grave è prendere atto che tutto ciò accade con l'esplicita connivenza della Chiesa, espressa sia dalle posizioni ufficiali e dalle iniziative del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso sia dal comportamento e dalle affermazioni del clero, da taluni cardinali fino a una schiera di parroci «islamicamente corretti».
La riflessione ci viene imposta dalle recenti dichiarazioni di Ezzedine Elzir, presidente dell'Ucoii (Unione delle Comunità e delle Associazioni Islamiche in Italia), rilasciate a Klaus Davi (http://www.youtube.com/user/klauscondicio) in cui in afferma che in Italia ci sono «70 mila ritornati all'Islam». Perché «ritornati» e non «convertiti»? Ci spiega Elzir: «Noi preferiamo usare la parola ritorno perché è una riscoperta della vera fede». Intende dire che per i musulmani l'Islam non è una religione «diversa» dall'ebraismo e dal cristianesimo, a cui pertanto si aderisce convertendosi come accade a qualsiasi altra religione, ma è una religione «superiore» all'Ebraismo e al Cristianesimo, l'unica vera religione, il compimento della rivelazione e il sigillo della profezia, in un contesto dove si ritiene che tutte le persone nascono musulmane anche se professano una fede diversa, hanno dentro di sé l'Islam anche se ne sono ignari, che pertanto l'adesione all'Islam è un «ritorno» riscoprendo «la vera fede».
«Ogni giorno alle nostre moschee arrivano dei non musulmani che vogliono conoscere l'Islam, diversi di loro l'abbracciano», aggiunge Elzir, perché «quando c'è una crisi dei valori ed economica una persona torna a scoprire le sue radici, la sua spiritualità», inequivocabilmente coincidente con l'Islam. Come è possibile che in Italia, la culla del cattolicesimo, terra cristiana che accoglie nel suo seno la Chiesa dei Papi, vicari di Cristo, si sia arrivati al punto da far coincidere la «spiritualità» con l'islam? Ebbene la risposta si chiama «relativismo religioso». Lo stesso Benedetto XVI ha più volte individuato nella «dittatura del relativismo» il male profondo da combattere perché ci impone, mettendo in soffitta la ragione, di considerare che tutte le religioni, le culture e i valori siano pari a prescindere dai loro contenuti. La testimonianza eloquente del relativismo religioso risiede nella litania delle «tre grandi religioni monoteiste rivelate, abramitiche, del Libro» che pregherebbero lo stesso dio. Così come il relativismo è presente nel comportamento del clero che immagina che per amare i musulmani come persone si debba incondizionatamente sposare la loro religione legittimando l'Islam a prescindere dal fatto che è incompatibile con i valori non negoziabili della sacralità della vita, della pari dignità tra uomo e donna, della libertà di scelta religiosa.


Svegliamoci! L'Islam è ormai dentro casa nostra! Sono gli italiani stessi che promuovono la conquista islamica, compresi i cardinali e i parroci che si prodigano per la diffusione delle moschee! Liberiamoci dalla dittatura del relativismo! Fermiamo l'invasione islamica! Basta moschee! Riscopriamo la nostra anima, recuperiamo l'uso della ragione, torniamo ad amarci prima di perdere del tutto la possibilità di essere noi stessi a casa nostra!
twitter@magdicristiano

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica