Sette neonati italiani su cento hanno tracce di alcol in corpo

I dati forniti dall'Istituto Superiore di Sanità durante la giornata sulla sindrome fetoalcolica. «Guai a bere prima, durante e dopo la gravidanza», l'appello rivolto dai ricercatori: anche se non è provato il nesso causa-effetto, i rischi vanno dal deficit di attenzione a quello di malattie gravi a carico del sistema nervoso

Prima, durante e dopo una gravidanza niente alcol. Guai a bere: né vino, né birra, né un long drink. Una regola ferrea, che sembrerebbe persino ovvia e assodata, se non fosse che viene trasgredita da molte donne, le quali presumibilmente sottovalutano i rischi per il nascituro. E difatti risulta che più di sette neonati su cento, in Italia, hanno subito una esposizione alcolica già nel grembo materno.
Sono i primi dati italiani, rilevati dal uno studio dell'Istituto superiore di sanità, e diffusi oggi in occasione della prima giornata internazionale della consapevolezza sulla sindrome feto-alcolica. Il gruppo di studio, capeggiato dalla dottoressa Pichini ha messo in luce che c'è un consumo di alcol in gravidanza sottostimato o non riconosciuto da parte delle donne che partoriscono: l'analisi sul meconio di 607 neonati, infatti, ha rivelato un'esposizione media del 7,6 per cento di neonati, con una distribuzione nelle diverse città campione dello studio molto diversificata: da uno zero per cento nella neonatologia di Verona a un 29 per cento nella neonatologia dell'Umberto I di Roma.
«Nei Paesi mediterranei - ha spiegato la ricercatrice - non si sa nulla degli effetti delle bevande consumate dalle mamme durante la gravidanza». Questo studio, che sarà pubblicato nel prossimo numero di Alcoholism: clinical and experimental research (Acer) è stato effettuato grazie all'uso del biomarcatore etilglucuronide con cui è stato possibile rilevare l'esposizione alcolica dei bimbi attraverso l'analisi delle loro prime feci. «Non ha dimostrato - sottolinea la scienziata - che i piccoli sono malati. Ma che sono stati esposti ai gravi rischi dell'alcol. Ovvero quelli di sviluppare tra pochissimi anni deficit intellettivi, cognitivi e psicosociali». La sindrome fetoalcolica è «una disabilità permanente per il neonato», ha avvertito la dottoressa Pichini. Si tratta principalmente di problemi neurologici, neuromorfologici, problemi di sviluppo cerebrale, disabilità serie. «La sindrome di iperattività e deficit di attenzione, per esempio, è uno dei disordini che potrebbe manifestarsi nell'ambito di un'esposizione del feto all'alcol», ha spiegato la scienziata.
Il presidente dell'Iss, Enrico Garaci, ha aggiunto che ancora non è chiara la quantità di alcol che si possa assumere in gravidanza senza rischi, «perciò è meglio attenersi al principio zero alcol in gravidanza e zero alcol quando si decide di avere un figlio e si iniziano i tentativi per averlo". Tra un anno, dopo i primi test neurologici, gli studiosi sperano di capire il livello del danno. Per ora è indispensabile non calare la guardia e ribadire il divieto assoluto per le mamme di assumere alcolici in gravidanza». Anche in Europa si hanno pochissimi dati sui disordini feto-alcolici, e lo studio dell'Iss è fra i primi e ha coinvolto anche la Spagna. A Barcellona i dati hanno rivelato addirittura il 45 per cento di esposizione neonatale.
Non tutti sono completamente d'accordo. Per esempio Herbert Valensise, presidente della Società italiana di Ginecologia e Ostretricia, ha ritenuto « eccessivo parlare di tolleranza zero, con questi dati che abbiamo».

Pur ritenendo valida la ricerca, Valensise ha chiarito che il rapporto causa-effetto nopn è ancora provato e dunque si tratta di considerare l'uso di alcol «un fattore di rischio, perchè gli effetti che determinano una disabilità neurologica neonatale sono molteplici, dalla carenza di jodio, a quella di ossigeno in gravidanza fino ai problemi perinatali».

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