L'Italia non è un Paese per vecchi. Non ancora. Almeno per una decina di motivi diversi, a cominciare dall'assenza di un piano nazionale che renda uniformi i servizi in tutte le regioni. Inoltre mancano i posti letto per gli anziani non autosufficienti, le case di riposo sono pressoché inaccessibili per il costo delle rette e i tempi di attesa, le pensioni non bastano a sostenere tutte le spese di assistenza. E ancora: solo il 12,6% usufruisce dell'indennità familiare (ammesso che l'assegno arrivi prima del decesso) e la badante si cerca ancora con il tam tam fra vicini di casa, affidandosi alla pura casualità. L'elenco continua: nelle strutture per la terza età i trattamenti non sono sempre dei migliori e tra il 2014 e il 2016 sono stati registrati 68 arresti e 3.177 sanzioni penali. Aumentano i casi di anziani che vivono in palazzine senza ascensore e non escono più di casa (per mesi) non appena perdono l'autosufficienza.
Non solo. Mentre gli over 65 continuano ad aumentare (saranno 4 milioni nel 2045), i servizi diminuiscono. Per di più, per un soffio nell'ultima Manovra non si è toccato il terzo settore, ma per recuperare denaro il Governo non aveva escluso di tagliare le agevolazioni del mondo non profit, fondamentale per l'assistenza degli anziani. Solo averlo ipotizzato fa capire quanta disattenzione ci sia sull'argomento. Eppure, da una decina d'anni buona, si analizzano le proiezioni, le aspettative di vita, i numeri. E tutto dice che la popolazione della terza età sia destinata ad esplodere.
Tutto in famiglia
«Sembra invece che non ce ne siamo mai accorti - denuncia Enzo Costa, presidente Auser, l'associazione per l'invecchiamento attivo - Siamo un Paese che trova più comodo ignorare il cambiamento demografico anziché affrontarlo e, a livello istituzionale, c'è una totale assenza di visione per il futuro. Un po' come se si dicesse alle famiglie: arrangiatevi da sole». E così è: le famiglie, volenti o nolenti, si arrangiano davvero da sole, non possono fare altrimenti. Quando i genitori ottantenni non sono più autosufficienti, li assistono investendo almeno il 30% del bilancio mensile in medicine, riabilitazioni e badante, con una spesa media di 700 euro al mese.
Ma spesso non basta e in tanti casi contraggono debiti o vendono le case di proprietà, magari con il mutuo non ancora estinto. In base all'ultima indagine Auser, un nucleo familiare su quattro ha anche dichiarato di essere disposto a rinunciare al lavoro di un componente della famiglia per metterlo al posto della badante e far quadrare i conti. Se si considera che i contratti di lavoro e gli stipendi sono sempre più «leggeri», la fotografia dei prossimi anni è presto fatta: ci sarà una generazione con pensioni talmente basse che non sarà in grado di aiutare i genitori anziani. E subito dopo ci sarà una generazione che non sarà quasi in grado di badare a se stessa se non arrivando con il conto azzerato al 30 del mese e con nessun fondo pensionistico da parte.
"Ripassi fra 100 giorni"
Un primo segnale di cambiamento arriva dalla Legge di stabilità, che ha istituito un fondo per il sostegno dei caregiver familiari, cioè dei figli che lasciano il lavoro per dare assistenza ai genitori non più autosufficienti. Chi si occupa di terza età considera il fondo ancora troppo poco perché si svolti, ma, seppur timido, è un primo passo per mettere ordine nel frastornato mondo delle cure domiciliari. Nell'assistenza sociale degli anziani, la spesa pubblica contribuisce per il 52%, molto meno rispetto ad altri settori. Il restante 48% (14,4 miliardi) è sulle spalle delle famiglie.
A sostegno dell'assistenza domiciliare, c'è l'indennità di accompagnamento ma, malgrado la spesa sia aumentata, il numero di beneficiari dell'assegno è calato, con 19mila richiedenti in meno. In base ai dati Istat del 2013, l'assegno per coprire le spese arriva al 12,65% degli anziani e al 59% degli anziani con limitazioni funzionali. Vanno tuttavia ridotti i tempi per la concessione dell'aiuto: in alcune regioni l'iter delle pratiche dura mesi e le famiglie si sentono spalle al muro. Dipende dalla regione e dal tipo di struttura, ma i tempi per trovare un posto nelle residenze per anziani sono tutto fuorché rapidi. Si va da un minimo di 60 giorni a picchi di 180 giorni. Ed è vero che esistono le cosiddette «liste fittizie» (perché le famiglie fanno richiesta contemporaneamente in più di un istituto senza posi presentarsi al momento dell'ingresso) ma si tratta comunque di numeri eccessivi, soprattutto se si considera che ci si rivolge alle strutture specializzate quando non si è in grado di fare altrimenti e c'è un'emergenza da gestire subito.«Però la situazione è migliorata - fa notare Antonio Sebastiano, direttore dell'Osservatorio settoriale sulle Rsa dell'Università Carlo Cattaneo di Castellanza - Tra il 2010 e il 2017 il tempo medio di attesa è sceso da 210 giorni a 111. Parallelamente il tasso di rinunce al momento dell'ingresso è aumentato del 13% e questo ha determinato un assottigliamento delle liste. Contemporaneamente il carico assistenziale per il personale è cresciuto tantissimo perché nelle Rsa entrano gli anziani in età molto avanzata e spesso in uno stato molto estremamente compromesso».
I costi
Da qui i costi: dagli 80 ai 150 euro al giorno nelle strutture convenzionate, con picchi di 3mila o 4mila euro al mese per alcuni istituti privati. Il motivo? I contributi sono fermi da anni e il Sistema sanitario nazionale si tara su 900 minuti di assistenza ad ospite come parametro standard. Ma i minuti di cure a persona sono almeno il 20% in più. I punti da rivedere nel capitolo case di riposo sono parecchi. «Comincerei da una definizione chiara e uniforme in tutte le regioni di cosa sia una residenza per anziani - interviene Domenico Musumeci, presidente Aiop, l'associazione che rappresenta l'ospedalità privata - L'ultima ricognizione risale a dieci anni fa. Per poter formulare una proposta unitaria, la fotografia va aggiornata. Ed è necessario mettere ordine nella giungla di oggi. Faccio solo un esempio: in Lombardia gli anziani durante il giorno possono uscire dalla Rsa, in Sicilia no. Le tariffe non sono spesso paragonabili le une alle altre, alcune Regioni rimborsano le spese dal primo giorni di degenza, altre coprono solo 80 giorni». Altro gradino che traballa: i posti letto per gli anziani non autosufficienti sono 19,2 ogni mille residenti over 65, contro una media di 49,7 posti nei paesi Ocse. A parte situazioni felici come quella della Lombardia (dove i posti sono 28,3 ogni mille anziani residenti), nella maggior parte delle regioni l'assistenza è insufficiente. Come mai? «È una diretta conseguenza di come vengono investite le risorse pubbliche in materia di assistenza a lungo termine - spiega Antonio Sebastiano - A fronte di una spesa annua superiore ai 30 miliardi, quasi la metà dei fondi viene erogata sotto forma di cash benefit e assegni di accompagnamento».
Alternativa badante
Peruviane, ucraine, moldave. E tante italiane. Quante siano realmente le badanti operative nelle case dei nostri anziani nessuno lo sa: l'Inps ne conta 375mila regolari, secondo i dati del Censis sono 1,6 milioni e supereranno i 2 milioni entro il 2030. Il lavoro in nero è ancora estremamente diffuso e chi ha un'emergenza in casa chiede il nome di una badante ai vicini, alle associazioni di volontariato, alle infermiere delle case di riposo. Si fida delle referenze e non sta a badare a titoli di studio delle assistenti.
Eppure la richiesta è destinata a esplodere. L'Istat calcola che entro il 2045 serviranno un milione di lavoratori domestici e assistenti familiari. E a ben vedere, proprio l'assistenza domiciliare potrebbe essere per molti italiani una nuova opportunità di lavoro. Ad esempio, nel momento in cui decollerà il mercato immobiliare per la terza età, con palazzine a misura di anziano e una coabitazione solidale tra nuclei familiari, nascerà anche la figura della badante di condominio.
Insomma, gli sbocchi sono tanti, ma va riorganizzato il settore. Serve trasparenza non solo sui contratti ma anche sui metodi di reclutamento.
I registri delle badanti esistono già da qualche anno ma funzionano sì e no e sicuramente non in modo uniforme in tutto il Paese. Che, chissà mai che riesca a diventare un Paese per vecchi prima del 2050, quando ci saranno più ultra sessantenni che sedicenni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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