Buddy Guy: "Io, ultimo bluesman celebro B.B. King con Van Morrison e Billy Gibbons"

Il re dei chitarristi, che ha ispirato Hendrix e Clapton, pubblica un nuovo cd con tante star

Buddy Guy: "Io, ultimo bluesman celebro B.B. King con Van Morrison e Billy Gibbons"

Buddy Guy è il Muhammad Alì del blues, il re della chitarra che ha come discepoli Jimi Hendrix, Eric Clapton, Jeff Beck è qualunque altro bianco abbia mai impugnato una sei corde. Basta vedere i suoi spettacolari concerti, in cui apre una gustosa parentesi imitando lo stile di Hendrix, di Santana e di tutti gli altri come a dire: questa è roba mia». I suoi assolo sono feroci, deflagranti, figli di un suono che (insieme a Magic Sam e Otis Rush) ha rinnovato dalle fondamenta lo stile di Chicago. Anche Guy ha vissuto momenti di crisi; ha bussato vanamente alle porte delle case discografiche per 12 anni per ritornare poi alla grande all'inizio dei '90 infilando una serie di successi (e di Grammy) che continua ancora oggi con il nuovo Born to Play the Blues, disco intenso e ricco di collaboratori illustri come Van Morrison, Billy Gibbons degli ZZ Top, Joss Stone.

Un nuovo album tra tradizione e attualità.

«Il mio cuore batte per la tradizione ma io vivo nel presente. Ci furono momenti negli anni '30 e '40 in cui i neri erano ghettizzati ma la loro musica, i race records, vendevano come il pa ne e si trovavano in tutti i juke box. Oggi il blues è dappertutto, è il padre di tutti i generi ma non si ascolta mai alla radio o alla tv: io cerco periodicamente di riportarlo a galla».

Come faceva B.B.King...

«B.B. resta il più grande, ma lui era più vicino al blues orchestrale e al jazz. Io suono un blues viscerale, quello che ha portato al rock. Se ascoltate il primo brano del disco, Born to Play the Blues, quello è un classico blues senza tempo, un'alchimia magica di suoni e sentimenti. Poi da lì mi muovo anche su altri territori, unendolo al soul e al funky, perché chi non cerca il nuovo è senza passato».

Come si fa a diventare un maestro imitato da generazioni di chitarristi?

«Non sono un maestro, semplicemente sono arrivato prima. Ora ho quasi 80 anni e ho imparato a suonare da Son House, da Muddy Waters passato dal country blues al blues elettrico, dal meraviglioso stile slide di Fred McDowell, a Chicago negli anni '50 abbiamo cambiato i canoni del blues elettrico; Magic Sam era il più innovativo, peccato sia morto giovanissimo».

In questo disco ha ospiti illustri...

«Morrison ha una delle voci più prepotentemente soul di sempre, insieme eseguiamo Flesh & Bone in ricordo di B.B.King; Gibbons è un chitarrista sporco e muscolare come me, è fantastico suonare con lui dal vivo».

E lei suona spesso dal vivo con le rockstar. Come Eric Clapton che l'ha definita l'Elvis della sua generazione.

«Eric è eccezionale...La tecnica al servizio dell'anima o viceversa, non so, ma ha un suono stupendo. Anche lui ha aperto diverse strade, basti pensare che ha fondato i Cream, il primo trio bianco di power blues. Un momento fondamentale per me è stato quello in cui abbiamo fatto quella tournée che ha portato al disco dal vivo 24 Nights».

Ha conosciuto Jimi Hendrix?

«Sì, veniva, col cappello di piume, ad ascoltare i miei show. Quando lo ascoltai suonare capii subito che sarebbe diventato un fenomeno, la sua chitarra aveva un timbro speciale».

Dove trova ancora tutto questo entusiasmo?

«Credo in quello che faccio e guardo sempre avanti senza dimenticare il passato. Dite che sono il più grande? Anche Muhammad Alì lo era ma alla fine lo hanno messo al tappeto. Per questo il mio motto è : “non dimenticarti mai di timbrare il cartellino, con fantasia”».

Cos'è il blues?

«Il racconto della vita di tutti i giorni, con tutti i suoi lati negativi ma anche con le piccole gioie quotidiane».

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