C'è un altro clown che ha opinioni molto rispettabili

Ai gradini di una chiesa, su cui il clown protagonista di Heinrich Böll si rendeva conto di essere l'unico vero volto fra tante maschere, Lorenzo Beccati sostituisce quelli di un centro commerciale. In questo Opinioni di un altro clown (Cairo editore, pagg. 160, euro 13), siamo subito inghiottiti dalla (p)resa diretta del protagonista: un cinquantenne che si trova su quel baratro sociale che consiste nell'essere senza lavoro quando sei troppo giovane per non sperare e troppo vecchio per credere.

C'è un altro clown che ha opinioni molto rispettabili

Ai gradini di una chiesa, su cui il clown protagonista di Heinrich Böll si rendeva conto di essere l'unico vero volto fra tante maschere, Lorenzo Beccati sostituisce quelli di un centro commerciale. In questo Opinioni di un altro clown (Cairo editore, pagg. 160, euro 13), siamo subito inghiottiti dalla (p)resa diretta del protagonista: un cinquantenne che si trova su quel baratro sociale che consiste nell'essere senza lavoro quando sei troppo giovane per non sperare e troppo vecchio per credere. Tra le macerie morali di un mondo che rende cinico anche lo sguardo più innocente, più che del Böll di Opinioni di un clown quelle che respiriamo sono le atmosfere rarefatte di Dürrenmatt: quasi una sospensione emotiva dei protagonisti di un romanzo che mira dritto all'orologeria dell'anima. Sembra non esserci speranza, nei volti inquadrati da Beccati: come si trattasse di un lungo piano sequenza tra le cui immagini comprendiamo che non dobbiamo mai ergerci a giudici, perché noi siamo i condannati. Noi siamo attori e al contempo spettatori di una società dilaniata dalla sua stessa grammatica di vita.

Opinioni di un altro clown ritrae una società più che liquida, in liquidazione: siamo merce neppure più capace di essere volontariamente avariata, ma una merce scaduta. Sono rimasti soltanto i clown, letti come metafora di esseri umani che non vogliono cadere nella trappola del consumo: fra tanti «uomini con l'ombrello» sullo sfondo di una città (in questo caso Genova) che sembra aver perso sempre più i propri connotati e uscita da un'opera di Magritte, tanto è attraversata e non più vissuta. L'unica salvezza, condanna ma al contempo quasi liberazione sociale, per il protagonista è diventare un senza dimora fra impiegati e turisti della vita che alle parabole hanno sostituito le antenne. Sempre più tarati. Rimane la resistenza, l'essere certi che «la nostra metà del cielo, sempre rannuvolata, è una strada più avanti». Lorenzo Beccati la propria strada l'ha trovata dimostrando di essere quel poeta civile, inteso alla Pasolini, che cercavamo da tempo.

Ed è paradossale, almeno per i tanti che da anni vedono nella televisione commerciale la fonte di tutti mali, che sia proprio un artista che quella tivù l'ha inventata a ribellarsi a una televisione che la realtà l'ha creata.

Beccati è tra i più noti autori televisivi con programmi come Drive In e Striscia la notizia che hanno anticipato i mali che oggi altri incarnano vestiti d'innocenza.

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