Caccia Dominioni, l'architetto poco star e molto borghese

Concreto, elegante, «artigianale»: contribuì a ricostruire (e rinnovare) la Milano del boom

Caccia Dominioni, l'architetto poco star e molto borghese

Come era lontana la figura di Luigi Caccia Dominioni, scomparso ieri sulla soglia dei 103 anni, da quella attuale delle archistar che tanto parlano, teorizzano, espongono alle mostre e non costruiscono. Personaggi che aspirano a essere trattati come vip, lontani dalla concretezza cui lui andava perseguendo una disciplina onesta. Si autodefiniva, per contro, «architetto di pianta», sempre attento alle esigenze di chi poi uno spazio lo avrebbe abitato o usato per lavoro.

Con lui se ne va oltre un secolo di cultura milanese, la sintesi del Novecento, quella del pragmatismo che non diventa rigore e dello stile mai banale né capriccioso. Luigi Caccia Dominioni, ovvero l'architetto della borghesia, una classe sociale che in Italia stenta a riconoscersi nell'arte del costruito, per un Paese da sempre sbilanciato verso la memoria del classico. E soprattutto, l'architetto della ricostruzione dopo la seconda tragedia bellica, di quegli anni '50 in cui i nostri genitori assistettero, e qualcuno fu protagonista, al passaggio da realtà periferica e agricola a industriale e metropolitana.

E Milano fu la città pilota di tale rinnovamento con l'architettura certo, ma anche il design, l'editoria, l'arte visiva e in special modo la pittura astratta. E di quella Milano, alle soglie del boom economico e appunto della formazione di una nuova classe sociale che aspirava più alla ricchezza materiale che non al blasone - come la filmò Michelangelo Antonioni nel suo capolavoro, La notte (1961) - Caccia Dominioni fu l'interprete più autentico di uno stile mai in declino né sensibile alla moda.

Nato il 7 dicembre 1913 da una famiglia nobile meneghina originaria di Novara, Luigi Caccia Dominioni si laurea nel 1936 al Politecnico e lo stesso anno apre uno studio con Livio e Piergiorgio Castiglioni, suoi compagni di corso. Poco più che ventenne dunque partecipa a diverse edizioni della Triennale e in particolare nel 1940 presenta il radioricevitore Phonola a cinque valvole, esempio di stile modernista coniugato alla ricerca tecnologica. Nel palazzo in cui era nato, a piazza Sant'Ambrogio, bombardato in tempi di guerra, decide di far sorgere il proprio studio dopo aver restaurato l'edificio secondo il gusto già sviluppato della geometria e della sobrietà. Nel '47 fonda la società Azucena insieme a Ignazio Gardella e Corrado Corradi dell'Acqua, specializzata nella produzione artigianale di oggetti di design. E riteneva infatti la maestria e la perizia esecutiva un valore aggiunto, un patrimonio da non perdere, rispetto al gusto del presente così standardizzato. Ricordando quegli anni, raccontava di recente: «Ero giovane, più potevo contare su artigiani bravi, più ero giovane, più facevo disegni buoni, ma non bellissimi; l'artigiano correggeva e le cose riuscivano molto belle. Adesso mi sembra di fare delle cose belle, e mi sembra che non riescano così belle, perché l'artigiano le tradisce in negativo. Comunque io ho la fortuna di trovare ancora artigiani bravi, sono vecchio, conosco tanta gente e mi appoggio a quelli bravi. Nel nostro lavoro, per raggiungere un ottimo risultato non basta essere bravi, bisogna saper costruire una buona squadra».

Basterebbe guardare con più attenzione le città in cui viviamo per accorgerci, ad esempio, che esiste una Milano di Caccia Dominioni. E allora un ideale itinerario potrebbe partire ovviamente da Sant'Ambrogio e poi in piazza Carboni, Piazza Meda e, sempre a Milano, la risistemazione di Piazza San Babila, la casa Pirelli, via Massena, via Nievo e il complesso residenziale San Felice, quest'ultimo progettato con Vico Magistretti. Nel 1975 si trasferisce nel Principato di Monaco per seguire la costruzione del grattacielo di Parc Saint Roma. E quindi prosegue con il design: il divano e la poltrona Toro, la maniglia Cristallo, la lampada Monachelle.

La sua idea di architettura, che stride col nostro presente, era pensata «come servizio per fare case

serie che nascano dall'interno, come un'automobile deve nascere dal telaio e dal motore, non dalla carrozzeria». Di sé, più sincero che malizioso, diceva di essere «una brava persona, semplice, che cerca di lavorare bene».

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