Quello che sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori cattolici di lingua inglese del XX secolo, Hilaire Belloc (1870-1953) nacque in Francia, da padre francese e madre inglese, in un villaggio, La-Celle-Saint-Cloud, cresciuto sulle rive della Senna in mezzo a suggestive alture boschive. Era una giornata particolarmente brutta quel 27 luglio 1870, e poco dopo la sua nascita scoppiò un violento temporale e si narra che al piccolo fu affibbiato quel nomignolo di «Old Thunder» («vecchio tuono») che lo avrebbe accompagnato in seguito.
Nella sua terra natale Belloc sarebbe rimasto poco perché, orfano di padre a soli due anni, venne portato dalla madre in Inghilterra dove si sarebbe laureato in Storia. Per quanto dichiarasse di sentirsi inglese, fu per molto tempo incerto nella scelta della sua vera patria tant'è che volle fare il servizio militare in Francia e si decise a diventare cittadino britannico solo nel 1902 poco dopo aver compiuto i trent'anni. La verità è che in lui convivevano certi tratti della tradizione speculativa francese con la concretezza e l'empirismo del pensiero inglese, come dimostra la sua eclettica produzione letteraria.
All'inizio del nuovo secolo, Belloc fece l'incontro intellettuale che avrebbe cambiato la sua vita. Conobbe Gilbert Keith Chesterton e il sodalizio fra i due divenne così monolitico che un altro grande scrittore dell'epoca, George Bernard Shaw, arrivò a parlare di loro come di due individui fusi in un essere mostruoso dalle due teste, il «Chesterbelloc». Entrambi spaziarono dai campi della narrativa a quelli della saggistica storica e politica. Avevano idee e sensibilità affini. Entrambi divennero paladini riconosciuti della difesa del cattolicesimo, anche se Belloc era cresciuto nella religione cattolica, mentre Chesterton vi si era convertito dall'anglicanesimo, dopo una profonda crisi spirituale e grazie anche alla frequentazione dell'amico oltre a quella di un sacerdote irlandese, John O'Connor, che avrebbe ispirato la figura di Padre Brown. Se è vero che la notorietà internazionale di Chesterton è legata proprio ai deliziosi racconti polizieschi di Padre Brown, è anche vero che certi suoi saggi di taglio storico-filosofico come Eretici od Ortodossia hanno conquistato un posto preciso nella grande letteratura inglese o, se si preferisce, anglo-romana votata alla esaltazione della Chiesa di Roma.
Chesterton e Belloc condividevano tante idee: l'ammirazione per l'epoca medievale, la simpatia per il mondo classico, la convinzione che la Riforma protestante fosse stato un momento di rottura profonda dell'unità culturale e ideale dell'Europa, la simpatia per taluni movimenti politici di destra come l'Action Française e il fascismo. Erano due intellettuali impegnati, sullo stesso fronte, ad affermare ideali antichi e saldi principi in un'epoca nella quale la scena culturale del Paese era occupata anche dallo scetticismo razionalistico di un George Bernard Shaw e dal socialismo utopistico di un Herbert Wells. Entrambi usavano, soprattutto negli scritti narrativi e in quelli giornalistici e polemici, l'arma - nella quale erano maestri inarrivabili - dell'ironia brandita dall'uno con l'eleganza del fiorettista e dall'altro con la impetuosità dello spadaccino.
Dei due, per quanto la passione per la storia fosse loro comune, Belloc aveva una più accentuata sensibilità politica e storica. Lo dimostra la Storia d'Inghilterra pubblicata ora da Oaks editrice (due voll., pagg. 386 e 356, euro 25 ciascuno; prefazione di Paolo Gulisano). Si tratta di un'opera che tratteggia le vicende dell'Inghilterra dall'epoca della conquista della Britannia da parte dei romani fino alla morte della regina Vittoria agli albori del XX secolo. Un lavoro di sintesi e di lungo periodo caratterizzato, però, da un'impostazione che intende privilegiare l'approccio interpretativo piuttosto che la ricostruzione degli avvenimenti. Questo spiega, per esempio, perché Belloc abbia dedicato molto spazio all'epoca antica e a quella moderna più che ai tempi contemporanei. Per lui, infatti, il punto essenziale da fissare per una corretta ricostruzione della storia dell'Inghilterra era la «fondazione romana» della società inglese nel senso che istituzioni politiche, leggi, modi di pensare, religione propri dell'Inghilterra derivavano «ininterrottamente dal giorno in cui la caotica società di un'isola semi-barbara entrò nella pienezza della civiltà romana». In questa ottica finivano poi per assumere una importanza fondamentale sia, in positivo, l'opera svolta dalla Chiesa nel VII e VIII secolo per il ristabilimento della civiltà sia, in negativo, lo scisma che con Enrico VIII portò alla separazione dalla Chiesa di Roma e, più in generale, alla rottura dell'unità, culturale e religiosa, dell'Europa.
Belloc, insieme anche a Chesterton, fu un grandissimo assertore di quelle che sono state correttamente definite (ma, purtroppo, non recepite nei trattati europei) «radici cristiane dell'Europa». Val la pena di rammentare, in proposito, che Belloc sostenne sempre l'idea che il presupposto di una unità non solo politica o economica dell'Europa non potesse prescindere dal dato religioso: «perché la Fede è l'Europa e l'Europa è la Fede».
Ancora del tutto originale, in questa storia dell'Inghilterra, l'analisi che Belloc fece del suo Paese, dal punto di vista delle istituzioni politiche e della struttura sociale dopo la rivoluzione cromwelliana, la fine della monarchia, la restaurazione e la progressiva trasformazione dello Stato monarchico da un regime assoluto a Stato aristocratico: un tema che egli avrebbe sviluppato in un brillante lavoro dal titolo Saggio sull'indole dell'Inghilterra contemporanea, nel quale con grande finezza argomentativa giungeva a liquidare come «assurda» l'idea largamente diffusa che l'Inghilterra fosse uno Stato democratico.
La Storia d' Inghilterra non è l'opera più conosciuta, e forse neppure la più bella, di Hilaire Belloc, ma è un lavoro che propone un modo nuovo di fare storia e nel quale si ritrovano, anticipati o fusi insieme, temi propri di un grandissimo scrittore inglese che, per usare una bella
definizione di Adriano Tilgher, era «insieme romantico e classico, cattolico ed erratico» e che aveva «la religione e la nostalgia del passato, il rispetto profondo delle forze che operano spontanee e silenziose nel presente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.