Che festa a Firenze con il «Macbeth» di Muti

Ci sono occasioni, rare, in cui un concerto si trasforma in qualcosa di diverso. È il caso di quanto successo per la chiusura del «Maggio Musicale Fiorentino» che presentava un'esecuzione non in forma scenica del Macbeth di Verdi. A dirigere il capolavoro verdiano, con le forze artistiche di quella che oggi si chiama Opera di Firenze, era il maestro Riccardo Muti, che per l'occasione festeggiava cinquant'anni dal suo debutto nella città granducale. A Firenze ebbero fiducia nel giovane direttore sconosciuto, che da lì ha spiccato il volo alla conquista del mondo. E il pubblico fiorentino non ha mai dimenticato Muti (viceversa), e lo ha fatto sentire con il calore impressionante degli applausi. Il maestro alla fine del concerto, ringraziati esecutori e pubblico, non ha indugiato sugli strameritati allori. Ha espresso il desiderio di dirigere ancora a Firenze, indicando l'occasione: la traslazione delle ceneri di Luigi Cherubini da Parigi alla Basilica di Santa Croce. Le autorità, da Palazzo Vecchio al Quirinale, sono state avvertite: ora non c'è che sperare nell'Eliseo (magari sull'onda dell'ebrezza calcistica), affinché consenta all'illustre emigrato italiano di tornare nella sua città natale.

Così, quest'appello finale di Muti, ha trasformato il concerto in una festa della Musica, ricordandoci il suo apostolato magistrale per la solitaria grandezza di Cherubini, che si guadagnò in Francia un rispetto elargito a pochi. Conquista non facile in una terra gelosa per chi veniva dalle regioni transalpine con la fierezza inscalfibile delle sue radici culturali.

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