di Paolo Giordano
Inutile negarlo: il sabato sera della tv generalista è il luogo del divertimento senza fronzoli (o con troppi fronzoli). E della memoria. La memoria, specialmente quando si percepisce il passato come migliore del presente, è oltretutto una calamita irrestibile per un pubblico come quello di Raiuno che, anagraficamente, è mediamente alto. Perciò benvenuta l'idea di tirar fuori dai ricordi anche quello di Canzonissima, un trademark della tv in bianco e nero, inimitabile perché sepolto con l'arrivo del technicolor. Allora il pubblico era curioso di novità (non troppo nuove ma comunque inedite). Oggi desidera più che altro conferme. Ed è per questo che negli anni scorsi I migliori anni di Carlo Conti ha stravinto: era l'idea giusta al momento giusto. Certo, musicalmente oggi l'impatto è depotenziato rispetto alla Canzonissima dei bei tempi. E se c'è qualche piccolo dubbio sulla scelta del cast (Ruggeri è super, Barbarossa, Alexia e Povia hanno vinto Sanremo ma Karima e Paola & Chiara sembrano appena appena fuori contesto), il confronto con il Festival di Sanremo può valere solo - ed eventualmente - sotto il profilo degli ascolti. All'Ariston c'è il brivido della novità (anche se Fazio giocherà comunque sulla nostalgia). Alla corte di Conti c'è il soffio rassicurante del ritrovarsi a casa.
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