di Maurizio Caverzan
N ella versione «social» o sotto forma di «caminetto moderno», la buona vecchia televisione è sempre al centro di tutto. Della campagna elettorale, per esempio. E stavolta come non mai, visti i tempi stretti, lo sfarinarsi dei partiti e l'età media dei candidati premier, non più in età per girare il territorio. Molto più comodo presentarsi a Otto e mezzo o a Studio aperto. Con i social network la tv ha riconquistato centralità diventando locomotiva mediatica proprio grazie ai cosiddetti nativi digitali, finora lontani dal piccolo schermo. Adesso invece la seguono con il second screen, commentano a caldo le interviste e rilanciano tic e gaffe di conduttori e politici. «La tv è diventata social, e quindi nuovamente fascinosa, per le élites», ha scritto sul suo blog Gregorio Paolini. Per restare in tema di elezioni e primarie, qualche sera fa Sky Cinema Uno ha trasmesso Le idi di marzo con George Clooney nel ruolo del governatore Morris candidato democratico alla Casa Bianca. A seguire, Raitre ha proposto Boss, la serie sul sindaco di Chicago alle prese con le primarie dell'Illinois al quale viene diagnosticata una malattia degenerativa. Una serata di grande attualità, non solo americana, sugli intrecci tra politica e comunicazione. La tv social (Raitre, Sky e La7 soprattutto) è contemporanea, corre veloce e detta la linea ai ceti più istruiti e curiosi. Ora poi, con la proliferazione delle reti tematiche l'offerta si allarga. Ma, eventi celentaniani e benigneschi a parte (Raiuno e Canale 5), la tv è centrale anche nelle serate festive, tanto più in tempi di crisi. Sono appena usciti i dati record dell'Auditel 2012 (oltre i 26 milioni in prima serata): «Quando il portafoglio piange», ha scritto Aldo Grasso, «anche se esiste il canone Rai o gli abbonamenti alla pay tv, l'offerta televisiva viene percepita ancora come gratuita».
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