In linea di massima, gli uomini apprezzano il pluralismo delle tradizioni culinarie e sono contenti, nella loro città, di poter scegliere tra la cucina toscana, quella cinese e quella indiana. Al tempo stesso, sembra che molti siano inquietati dalla diversità delle forme culturali, al punto da arrivare ad assumere atteggiamenti aggressivi. Parte da questa semplice considerazione la riflessione che il filosofo canadese John Lachs ha sviluppato in un volume delizioso, Lasciare in pace gli altri. Una prospettiva etica (IBL, pagg. 138, euro 18; prefazione di Pierluigi Battista).
Dobbiamo allora prendere atto dell'esistenza di quello che potremmo definire «egocentrismo sociale»: ossia l'idea che noi siamo nel giusto, mentre gli altri no. Quanti hanno un'etica differente dalla nostra avrebbero insomma torto per definizione, dato che non si uniformano agli unici criteri che ci appaiano sensati. E purtroppo da tale presunzione tendiamo a far derivare anche una qualche legittimazione a correggerli, privandoli della loro autonomia.
Soprattutto, spesso tendiamo a limitare l'autonomia altrui grazie al potere statale, che invade in mille modi la sfera decisionale dei singoli. Per Lachs, invece, «chi governa dovrebbe astenersi dal dire ai cittadini che cosa è veramente importante, chi adorare e come perseguire la propria felicità». Se la nostra vita segue criteri definiti dall'esterno e soprattutto imposti dal potere, alla fine è la nostra stessa dignità di uomini che è messa in discussione.
Per questo, secondo Lachs, una delle virtù che dovremmo iniziare a praticare è quella di non disturbare il prossimo: di non entrare nella sua vita. Raramente siamo capaci di «lasciare in pace gli altri», ma dovremmo provare a farlo il più possibile: per una serie di ragioni.
Permettere a tutti gli esseri umani di vivere secondo i loro valori, se questo non comporta aggressione a danni di altri, è fondamentale nella difesa di una società aperta. Oltre a ciò, l'autonomia personale favorisce il progresso morale e la piena espressione delle potenzialità del singolo.
In fondo, l'autore invita a richiamare alla mente la logica adottata da un genitore responsabile e razionale, che ama il figlio ma proprio per questo lo vuole indipendente, e quindi a una certa età gli consente di compiere taluni errori nella convinzione che ciò serve a diventare più maturo. Sempre pronto a soccorrerlo se necessario.
Un padre o una madre che riconoscono libertà di scelta al figlio non lo fanno perché si disinteressino del suo destino. Al contrario, essi hanno compreso che si cresce nella libertà e nella capacità a far fronte ai problemi. Continuare a pescare per gli altri, invece che far sì che essi usino la canna per appropriarsi del pesce di cui hanno bisogno, alla lunga non aiuta, ma produce proprio il risultato opposto.
Secondo Lachs queste considerazioni valgono anche per le società estese. Ed egli evidenzia come gli stessi orsi del parco di Yellowstone, con l'arrivo di grandi quantità di visitatori, abbiano smesso di andare a caccia e abbiano finito per collocarsi lungo il percorso delle auto. Ora essi ricevono cibo dai turisti, finendo per dipendere del tutto dalla bontà della gente. Quello che è vero per gli orsi lo è allo stesso modo per gli esseri umani, così che la storia di come l'assistenzialismo pubblico ha distrutto economicamente il Mezzogiorno è lì a dimostrare la bontà dell'assunto del filosofo nordamericano.
Lachs non nega certo che vi sia un dovere morale di aiutare gli altri, né contesta che la generosità sia una virtù. Nel corso del libro ci fa però comprendere come la prima forma di attenzione al prossimo stia nel riconoscere la dignità altrui e, oltre a ciò, nel cercare di capire cosa aiuti davvero a crescere. Riecheggiando un celebre passo di Kant, egli sottolinea insomma che prima di essere benevolenti dovremmo essere rispettosi, non usando violenza su chi non sta facendo del male al nessuno. In secondo luogo è importante che si commisurino i mezzi ai fini, perché se una decisione assunta per alzare i bassi redditi produce un peggioramento dei medesimi, il dolce sentimento filantropico che l'ha ispirata non basta a farla considerare saggia.
Nella parte finale del volume, dal titolo L'indipendenza e il formicaio, Lachs collega strettamente la sua riflessione morale e un'analisi delle società contemporanee. Egli ci mostra come in varie circostanze, a causa dell'ampliamento dei poteri statali, le comunità politiche tendano ad annullare il singolo, che quasi finisce per vivere soltanto in funzione del gruppo. Il guaio è che i valori delle formiche possono essere perfetti per le colonie delle formiche; sarebbero un incubo vivente per gli esseri umani.
C'è nel cuore di ogni uomo, d'altra parte, un qualcosa che
resiste a tutto ciò: una scintilla d'individualità grazie alla quale, a giudizio di Lachs, è anche possibile confidare nel fatto che, pur tra mille errori, la speranza di costruire una società più non è affatto infondata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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