"Non essere lo storpio di nessuno", gli raccomanda mamma quando lo carica sullo scassato pullman che dalla natì a Albany, in Georgia, lo porterà in una scuola a 250 chilometri da casa. Lui, Ray Charles, è cieco dall'età di 7 anni (forse per un glaucoma, più probabilmente per un'infezione non curata dovuta all'acqua saponata, come accadde a molti bluesmen dell'epoca) e percorre quella strada in salita che lo porterà a diventare "The Genius", il re del soul ma anche del jazz, e del gospel e del country e del pop. Non vedeva, e quello che aveva visto non gli era affatto piaciuto (la povertà, la segregazione, la morte del fratellino annegato in una tinozza da bucato), però aveva imparato a suonare meravigliosamente il pianoforte, prima quello classico, che abbandonò immediatamente quando alla radio ascoltava il jazz raffinato di Nat King Cole o il colorito blues d'autore di Charles Brown. E poi aveva quella voce scura, roca, furente ed evocativa che giocava con i mille colori del suo animo irrequieto, alternando misticismo arcaico e modernissima sensualità.
Nulla poteva fermare il suo slancio interpretativo, né l'handicap né l'eroina che ne minò il fisico e la psiche per oltre vent'anni (celebri e clamorosi i suoi arresti e processi per possesso di sostanze stupefacenti) come accadeva in quel periodo alla maggior parte dei neri del chitlin' circuit, il circuito dei locali di blues e jazz. Nonostante parta svantaggiato, Ray ha una marcia in più... E - a differenza di molti artisti itineranti non vedenti come il reverendo Gary Davis - gira da solo, senza accompagnatore né bastone, scoprendo un modo di vivere tutto suo... "Vede" ascoltando il canto del colibrì in mezzo a mille rumori, conquista le donne più carine tastando loro i polsi, soprattutto riempie il vuoto dei suoi occhi con il calore del gospel, del soul e del blues. In lui si sposano sacro e profano, diavolo e acquasanta, emozione e pop. Non a caso si piazza decimo nella classifica di Rolling Stone dei 100 più grandi artisti di tutti i tempi, anticipato solo da Aretha Franklin e seguito sul podio da Elvis! Ray fu una superstar e al tempo stesso un emarginato (nello splendido film biografico Ray, con Jamie Foxx nel ruolo del protagonista, sono molte le scene in cui i compagni d'avventura gli dicono frasi tipo: "non voglio fare da balia a un cieco tutta la notte") e un combattente contro l'emarginazione. Anche in questo caso pagò dazio. Primo artista a rifiutarsi di suonare solo nei club per neri, nel 1961 è "esiliato a vita" dalla Georgia, e sarà riabilitato solo molti anni dopo. Solo nel 1979 - dopo i conflitti per i diritti civili - Ray Charles interpretò una attanagliante versione di Georgia on My Mind (l'evergreen di Hoagy Carmichael) davanti al "governo" della Georgia, che in quell'occasione adottò il brano come inno ufficiale dello Stato. La carriera di Charles è punteggiata di memorabili successi come What'I'd Say, Leave My Woman Alone, Hit the Road Jack e da tredici Grammy. Per vedere un sunto veramente ben fatto della sua vita andate a ripescare il citato film Ray; per ascoltare la sua grande musica non potete mancare l'appuntamento, a settembre, il cofanetto The Atlantic Years In Mono, composto da 7 long playing e un libretto ricco di notizie e foto inedite, che la Rhino pubblica per celebrare quello che sarebbe stato l'ottantaseiesimo compleanno dell'artista (scomparso a 73 anni, il 10 giugno 2004, per una malattia al fegato).
Ray cominciò a incidere dischi nel 1949 e due anni dopo portò per la prima volta in classifica un brano, l'enfatico Baby, Let Me Hold Your Hand. Ma è nel 1957, con il contratto con la Atlantic di Ahmet Ertegum, che diventa una stella di prima grandezza in tutto il mondo (nel '90 si classificò al secondo posto a Sanremo in coppia con Toto Cutugno). Del '57 è il primo album qui contenuto, Ray Charles, che porta primi in classifica classici come I've Got a Woman, A Fool For You, Maryann, Drown In My Own Tears, riprese da decine di artisti. Arriva poi The Great Ray Charles, il suo primo album jazz, con The Ray scritta per lui da Quincy Jones. Nel '58 nasce Yes Indeed!, che con le nuove tecnologie a otto piste spazia dal blues al soul al country con classici come Hit The Road Jack e l'incalzante country Leave My Woman ALone, ripresa poi dal vivo da John Fogerty.
I capolavori si sprecano nel '59 con What I'd Say (il suo primo disco d'oro) e brani con orchestra come Come Rain Or Come Shine.The Genius After Hours raccoglie brani perlopiù jazz del '56 e The Genius Sings the Blues è una compilation con classici r'n'b come The Night Time Is the Right Time, ripresa poi dai Creedence.
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