Oriana Fallaci viveva di due cose. Scrittura e battaglie. Sarà quindi contenta.
Domenica si è saputo - cosa di cui i grandi giornali hanno dato conto - che a Cremona la commissione toponomastica del Comune, guidato dal centrosinistra, ha respinto la proposta di intitolare una via alla scrittrice. La richiesta sottoscritta da oltre 130 cittadini è stata accantonata perché «il nome e le opere della Fallaci sarebbero troppo divisive».
Quello di cui però i grandi giornali non hanno dato conto è che un «piccolo» quotidiano, La Provincia di Cremona, ha rivolto ai lettori, sul proprio sito internet, la stessa domanda: se vogliono o meno che una via cittadina sia intitolata a Oriana Fallaci. E il risultato del sondaggio on line (che non ha alcuna ufficialità ma è molto indicativo) dice che l'85% dei partecipanti è a favore della proposta. Dimostrando che l'opera e le idee della scrittrice sono in realtà poco o nulla divisive. A dividere semmai è il conformismo e il livore della minoranza che non la pensa come lei. Matteo Salvini non s'è fatto scappare l'occasione e, con la consueta dichiarazione tranchant, ha commentato: «Ignoranti, sono loro che non si meritano la Fallaci». La verità, però, è che la commissione comunale ha fatto un grande favore alla scrittrice, più che se le avesse intitolato la piazza del Duomo. Metterla ancora una volta (senza motivo) dalla parte del torto, le ha dato per l'ennesima volta ragione.
Perché - ci si chiede - in Italia si intitolano vie, piazze e viali a personalità della Storia molto più che «divisive», come Lenin, Ho Chi Minh, Che Guevara... ma non a una giornalista? La toponomastica ideologica, quando svolta a sinistra, conosce pochi divieti, e spesso si infila in pericolosi vicoli ciechi storiografici: Stalin, Mao Tze Tung, Trotsky, la Rivoluzione d'Ottobre, viale Unione Sovietica, via Brigate Partigiane, piazza Tito... Bene. Ma se un comune italiano ha corso Lenin, perché non può esserci almeno un vicolo Oriana Fallaci?
Sembra incredibile ma a Firenze da nove anni, cioè dalla morte della giornalista, c'è un'associazione, dal nome-manifesto «Una via per Oriana», presieduta da Armando Manocchia, che si batte per intitolare alla Fallaci un pezzettino della sua città: una viuzza, una piazzetta non diciamo un ponte sull'Arno... Niente. Si dirà: beh, certo. La legge prevede che passino almeno dieci anni dalla morte prima che un italiano si meriti un simile onore (ma se è questo il problema manca poco al decennale della giornalista de La rabbia e l'orgoglio: mancò il 15 settembre 2006). Eppure, la notizia è di ieri, a Bologna la piazza coperta della biblioteca Salaborsa, uno dei più eleganti «salotti» cittadini, dentro Palazzo d'Accursio, è stata dedicata a Umberto Eco. Morto un mese fa. Erano presenti il sindaco di Bologna, il rettore dell'«Alma Mater», la vedova dello scrittore e autorità varie. Nessuno in questo caso ha glossato la decisione comunale. L'impressione è che, al di là dei tempi amministrativi (abbattuti senza polemiche), a contare non sia il peso intellettuale del nome in ballo, ma la collocazione politico-ideologica.
Intanto, lontano dalla sua Firenze, Milano qualcosa prova a fare.
Su proposta della Lega Nord, nella persona di Massimiliano Romeo, il Consiglio regionale della Lombardia proprio oggi pomeriggio, intitola a Oriana Fallaci una sala del Pirellone. Che non è una grande piazza, né un vialone. Ma resta il segno di una città capace di ricordare che le idee migliori di domani, come la Storia insegna, sono quelle che oggi dividono.
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