Tratto dall'omonima autobiografia di Chris Kyle, il cecchino più letale della storia americana, "American Sniper", l'ultimo film di Clint Eastwood, è strutturalmente solido, ben girato e ben interpretato ma risulta impoverito dall'essere ideologicamente schierato e si qualifica a tratti come un distillato di retorica e propaganda bellica, quasi l'agiografia di un patriota. Chris Kyle (Bradley Cooper) nasce in Texas e viene cresciuto dal padre che, oltre ad insegnargli a cacciare col fucile, lo educa al rispetto di valori quali "Dio, patria e famiglia". Pur avendo sempre sognato di diventare un cowboy, il giorno in cui si imbatte nelle immagini televisive di un attentato terroristico sul territorio americano, Chris decide di arruolarsi per difendere il suo paese. Entrato nel corpo dei Navy Seals, viene inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni grazie alla sua abilità di cecchino. Vista la sua mira infallibile, i compagni gli danno il soprannome di "Leggenda", mentre i nemici gli pongono sulla testa un'ingente taglia. Nel frattempo, durante i vari ritorni in patria, Chris si innamora di Taya (Sienna Miller), la sposa e diventa padre. Essere presente con la sua famiglia nonostante si trovi in pericolo dall'altra parte del mondo sarà però un'impresa difficilissima. Bradley Cooper, qui anche produttore, per assomigliare al vero Kyle ha imparato l'accento texano e si è sottoposto ad allenamenti massacranti e a una dieta ipercalorica, arrivando a mettere su quasi venti chili di muscoli in soli tre mesi.
La sua performance è sicuramente riuscita, ma a non rendere giustizia al personaggio è la sceneggiatura che se da un lato, in quel suo essere priva di fronzoli, rispecchia la personalità del militare, dall'altro affronta alcuni passaggi fondamentali in modo troppo schematico e sbrigativo. Il protagonista avrebbe meritato di veder sviscerata in maniera più approfondita la complessità della sua vocazione così come dei suoi tormenti, invece, proprio in virtù della volontà di rendergli degno omaggio attraverso un ritratto edificante, si finisce con l'imprigionarlo nella monodimensionalità di eroe di guerra. La suspense inoltre, sebbene presente, paga pegno al fatto che ogni volta che si ha la soggettiva della visuale del mirino di Chris ci si senta un po' in un videogame, data la risolutezza con cui un bersaglio è visto soltanto come tale anche quando ha le sembianze di un bambino o di una madre. Chris, sebbene sia un cecchino, non è mai ritenuto un assassino e quindi la sua figura non è controversa come avrebbe potuto e dovuto essere. Se Eastwood da un lato ci mostra la natura distruttiva del conflitto bellico, che uccide anche i sopravvissuti corrodendoli da dentro, dall'altro insiste sulla bontà della scelta di sacrificare tutto per combattere una guerra che si ritiene giusta. Oltreoceano probabilmente sarà proprio la presenza nella pellicola del solo punto di vista statunitense a fare breccia nel cuore di buona parte del pubblico, ma uno spettatore che si trovi emotivamente alla giusta distanza da quanto ritratto sullo schermo, coglierà quanto il film sia ostaggio di un eccessivo manicheismo.
Ciò detto, resta il fatto che siamo davanti ad una storia che meritava di essere raccontata e che apre a molte riflessioni, soprattutto alla luce di un finale che, sebbene noto a chi conosce la vicenda biografica di Chris Kyle, non è il caso di rivelare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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