Fragole e amore lesbico: ecco la scandalosa Adele

Arriva in Italia il film di Kechiche. Premiato a Cannes nel pieno del dibattito sulle nozze gay, per i detrattori è sovrastimato in nome del sessualmente corretto

Fragole e amore lesbico: ecco la scandalosa Adele

Le mani di Steven Spielberg sono l'ago della bilancia: a Cannes, col regista presidente di giuria, hanno consegnato la Palma d'Oro a La vita di Adele, bel dramma erotico del franco-tunisino Abdellatif Kechiche, che dal 24 Lucky Red conta di «mandare nelle sale giuste» con 150 copie (così il patròn Andrea Occhipinti), se lunedì riesce a superare l'esame della censura. E di scene a fil di pelle, tra lei e lei che si frugano nelle carni per davvero, non per fiction, riprese in primo piano tra cosce, seni e sessi in faccia, ce ne sono diverse. Anche se, a turbare parte del pubblico, basterebbero quei dieci minuti di eros lesbico divorante tra l'adulta Emma e l'adolescente Adèle. A Los Angeles, tuttavia, quando s'è trattato d'inserire il film-evento nella rosa dei candidati stranieri all'Oscar, Steven Spielberg, quale membro dell'Academy hollywoodiana preposta alla selezione, le mani le ha tenute in tasca. Come pure gli altri membri Pedro Almodovar, Mike Leigh ed Emanuelle Riva, artisti non pudibondi, epperò attenti ai dettami della Motion Picture Association of America, che negli Usa vieta ai minori di 17 anni, «a causa del contenuto sessuale esplicito», un film incensato globalmente, ma discusso, osteggiato e preceduto da uno sciame di polemiche.

È dunque un caso politico quello de La vita di Adele, anche se il regista sottolinea come sia «soprattutto una storia d'amore». Per la Francia, che non riesce a metabolizzare la legge sul matrimonio gay, promossa da Hollande, premiare il film di Kechiche ha significato soprattutto aderire a una linea politica precisa. Quella dell'apertura, senza se e senza ma, a una minoranza che fa molto rumore. E che pare diventata punto di riferimento dei cineasti: Via Castellana Bandiera, Anni felici e Una piccola impresa meridionale, sugli schermi adesso, contengono una quota lesbica non casuale. «L'amore non conosce confini, né regole. Non importa chi si ama», dice Kechiche, qui anche sceneggiatore.

E si amano alla follia la pittrice snob e navigata Emma, caschetto di capelli blu sopra al viso malinconico di Léa Seydoux, attrice classe 1985, nipote del presidente della Pathè e pronipote del presidente della Gaumont, e la liceale del titolo, la diciannovenne Adèle Exarchopoulos. Che ieri a Roma, senza trucco, col broncio da B.B. e gli incisivi grandi da adolescente, dichiarava «la voglia di vivere» del suo personaggio, «goloso di tutto: fragole, sesso, balli». È rimasta solo lei a fianco del regista di Cous Cous (2007), esegeta del cinema della carne, come s'è visto in Venere nera (2010), dove un'ottentotta del XIX secolo mostrava il suo sesso anomalo nei circhi.

La Seydoux, del resto, per prima ha polemizzato sui giornali, giurando che non lavorerà mai più col «cineasta tiranno». Uno che, stando agli sfoghi delle sue attrici, subito dopo Cannes, sul set le ha minacciate, umiliate e costrette a turni di lavoro massacranti. Dei quali si sono lamentati anche i tecnici del «film maledetto», privati della pausa pranzo e sottopagati. Per tacere della grafica Julie Maroh, autrice del fumetto Il blu è un colore caldo (Rizzoli) dal quale trae origine La vita di Adele. «Dal film mancano le lesbiche vere: quelle scene di sesso non sono verosimili», ha scritto sul suo blog l'artista, omosessuale dichiarata, che ha mal digerito di non essere stata ringraziata da Kechiche.

In realtà, nel film c'è di tutto un po'. Forse troppo. Bar gay, feste con suoni magrebini, manifestazioni sindacali e studentesche sullo sfondo di Lilla, si vedono a ripetizione lungo quasi tre ore di durata, alle quali si aggiungeranno altri quaranta minuti, con l'uscita del dvd. Già soltanto tale durata-monstre ha suscitato un dibattito, senza però scoraggiare i 261.428 spettatori francesi che, in una settimana, hanno apprezzato il film più divisivo degli ultimi tempi. Se, da una parte, le performances delle attrici seducono, con le loro emozioni forti e se Kechiche è beniamino della gauche caviar, che lo esalta dalle colonne di Le Monde, dall'altra gli autorevoli Le Figaro e New York Times si chiedono che cosa sarebbe La vitadi Adele, senza le scene di sesso saffico dal vivo. Interrogativo non peregrino: l'associazione Usa Culture and Media Institute, per dire, ha stilato la lista degli 11 film più pornografici dell'anno e La vita di Adele figura al secondo posto.

Se in Francia, infatti, l'età della maturazione sessuale viene fissata a 15 anni, negli Usa «una relazione tra un'adulta e un minore è un illecito».

«Perché critiche e polemiche? È il film in sé, o un fantasma malefico, o un angelo malizioso, che dà premi e disperazione?», cade dalle nuvole Kechiche. Il quale, però, pensa a un biopic sulla musa dell'hard Marilyn Chambers, star di uno dei primi rapporti interrazziali nella storia del porno.

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