Un Giappone dei samurai tutto inventato ma verissimo

Un Giappone dei samurai tutto inventato ma verissimo

Un Giappone Medievale popolato da luoghi e personaggi immaginari ma filologicamente corretti. Di più, nomi inventati la cui verosimiglianza risulta accresciuta dall'analogia del suono con quello di parole che si riferiscono a eventi reali. Esempio, la mai avvenuta battaglia di Yaegahara, da cui ha origine la sete di vendetta della famiglia degli Otori, riecheggia verosimilmente quella autentica di Sekigahara, svoltasi nel 1600.

In fuga da Sekigahara, Kurokawa Enchu capostipite della dinastia dei Kurokawa, primo di 17 generazioni di pasticcieri della Corte imperiale di Kyoto e poi di Tokyo offrì protezione al Daimyo di Inyama, sconfitto e in fuga. Il Daimyo è un'autorità feudale del Giappone antico, al pari dei Signori della guerra che spadroneggiano in questa saga degli Otori di Lian Hearn, da poco in libreria col primo volume, Il canto dell'usignolo (Edizioni e/o, traduzione di Laura Serra, pagine 339, euro 16,50). Lian Hearn è pseudonimo di Gillian Rubinstein, di formazione oxoniana, così innamorata del Giappone, da scrivere libri nipponici di fantasia, precisi nei dettagli da sembrar testi di storia. L'hanno paragonata al Philip Pullman di Queste oscure materie. Ha venduto 5 milioni di copie nel mondo ed è stata tradotta in 40 lingue. Una scrittura cinematografica, caratterizzata da un incalzare mozzafiato degli eventi.

Denso di colpi di scena, il racconto è un grande affresco del feudalesimo giapponese, in cui pochissimi riferimenti esatti rendono credibile tutto il resto, che è frutto di fantasia. Così, Hagi e Matsue sono le uniche due città reali nominate e fanno apparir veri i castelli e i luoghi immaginari descritti con dovizia di particolari. La bizzarria del crudele e prudente signore della guerra Iida Sadamu, il quale difende la propria magione con un pavimento che cinguetta se calpestato, mettendolo così in guardia dagli intrusi, è un'invenzione tanto straordinaria da esistere sul serio. Ce ne sono, tra l'altro, due a Kyoto, nel castello di Nijo e nel tempio di Chion-in. Il pavimento si chiama uguisubari.

Perfino i superpoteri dei membri della misteriosa tribù cui appartiene per sangue il giovane protagonista Takeo, paiono in qualche modo riconducibili a spiegazioni razionali: le leggi della genetica, la capacità di concentrazione.

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