Nell'aula magna dell'Università di Pavia arrivano docenti e studenti. Sono qui per sentir parlare dell'argomento filosofico più «caldo» degli ultimi anni: i Quaderni neri di Martin Heidegger (1889 - 1976). Questi appunti di lavoro del più grande pensatore tedesco sono stati al centro di una polemica feroce relativa al loro presunto antisemitismo. Polemica che ha visto tra i principali «accusatori» del filosofo Peter Trawny e Donatella Di Cesare e che ha avuto una grande eco giornalistica, soprattutto in Germania e in Italia. A Pavia viene però presentato un volume, di cui abbiamo già parlato in queste pagine, che si muove in direzione opposta alle interpretazioni di Trawny e Di Cesare: Martin Heidegger. La verità sui Quaderni neri (Morcelliana, pagg. 460, euro 35, con contributi finali di Leonardo Messinese e Claudia Gualdana).
A raccontare la genesi del volume, i due autori Francesco Alfieri (docente dell'Università Lateranense) e Friedrich-Wilhelm von Herrmann (docente emerito dell'Università di Friburgo e ultimo assistente privato di Heidegger). Nel testo hanno inserito amplissimi passaggi dei Quaderni neri e hanno tentato di darne una lettura filologica e contestualizzata scevra da interpretazioni. Ci dice Alfieri, sentito a margine della presentazione: «Non è che ci siano 14 passi antisemiti, e nemmeno che ci siano 14 passi che possano essere considerati in modo dubitativo antisemiti. Non c'è nessun passo antisemita. Paradossalmente si può dire che io e il professor von Herrmann abbiamo buttato un anno e mezzo del nostro tempo per rendere evidente a tutti un fatto che balza all'occhio a ogni lettura non strumentale del testo». Può sembrare una presa di posizione stupefacente, ma von Herrmann la chiarisce molto bene. Secondo lui «i Quaderni neri, che si chiamano così solo per via della loro copertina, sono appunti di lavoro che Heidegger prendeva in var momenti della giornata e poi copiava in bella grafia. Non si possono leggere da soli, non sono organici e sono un rimando alle altre opere. Anche linguisticamente sono complessissimi. Di questo al pubblico sino a ora è stato restituito ben poco. E in modo forzato. Molti dei passi resi forzosamente antisemiti sono solo passi di critica alla modernità. Per altro Heidegger era essenzialmente filosofo, ha sempre cercato di tenersi lontano dalla politica, di isolarsi, non è mai stato né un ideologo del nazismo né men che meno dell'antisemitismo. Sono letture forvianti, decontestualizzate».
Ancora Alfieri: «Perché nessuno cita i passi in cui Heidegger attacca il filosofo nazionalsocialista Heyse? Oppure i passi in cui è fortissimamente critico con il nazionalsocialismo? Evidentemente perché non sono funzionali a creare uno scandalo o ad auto promuoversi. Le faccio una citazione diretta: una filosofia nazionalsocialista non è una filosofia, né serve al Nazionalsocialismo - ma gli corre dietro soltanto in forma di sgradevole saccenteria. Evidentemente nelle scelte dei passi di Heidegger non solo non c'è stata comprensione filosofica, ma c'è stata anche una selezione quanto meno discutibile». E anche il professor Giampaolo Azzoni dell'Università di Pavia che organizzato l'incontro condivide l'opinione che la delegittimazione di Heidegger sia pericolosa e ingiustificata. «L'Università di Pavia - dice - ha voluto dare spazio alla presentazione di questo testo, che consente di contestualizzare i Quaderni ed evita di glossarli perché consente un'interpretazione completa e contestualizzata. L'accusa di antisemitismo è, se non maliziosa, forviante».
Abbiamo chiesto al professor von Herrmann come vadano considerati, Quaderni a parte, i rapporti tra Heidegger e il partito nazista negli anni del suo rettorato universitario. «Heidegger - ha risposto - si sbagliò. Sperava che Hitler favorisse il rinnovamento dell'università tedesca. Ma capì subito l'errore. Si oppose al rogo dei libri (aveva amici ebrei) e appena capì la situazione si ritirò dai ruoli accademici. Io vengo da una famiglia che ha subito persecuzioni totalitarie sia sotto il nazismo sia sotto il comunismo. Da 60 anni mi occupo delle opere di Heidegger. Se avessi trovato tracce di elementi razzisti e nazionalsocialisti, mai avrei dedicato la mia carriera all'interpretazione delle opere di questo pensatore». Chiosa Alfieri: «Noi non abbiamo posizioni politiche, siamo solo studiosi.
Non difendiamo Heidegger, lo presentiamo senza glossa fornendo gli strumenti per capirlo. Heidegger si difende da solo, a patto che i traduttori non ne forzino il testo. Ed è successo anche questo, come nella traduzione di Alessandra Iadicicco».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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