I «vecchi» album? Vendono più delle ultime novità

I «vecchi» album? Vendono più delle ultime novità

Secondo Simon Reynolds, attualmente il critico musicale più in vista, i primi dieci anni del nuovo millennio sono stati un «ri-decennio» afflitto da «retromania» (che è anche il titolo di un suo libro edito da Isbn). Secondo Reynolds, pop e rock hanno perso spinta creativa e capacità di innovare perché ossessionati dal passato. Non si tratta di pura nostalgia. Il mega-archivio della rete, che consente di raggiungere con pochi click brani provenienti da ogni epoca, favorirebbe la tendenza a mescolare i suoni già esistenti, dissuadendo dall'inventarne di nuovi. L'ultimo periodo ad aver prodotto qualcosa di riconoscibile sarebbero gli anni Novanta, non tanto grazie al grunge di Nirvana e affini (vedi articolo accanto) ma piuttosto per merito della elettronica danzereccia.
Tesi radicale ma intrigante. Ora arriva una notizia dagli Stati Uniti, riportata dal sito Rockol.it, che sembra dare ulteriormente ragione a Reynolds. Infatti, da quando, nel 1991, Nielsen SoundScan ha iniziato a rilevare negli Stati Uniti le vendite di album musicali, i dischi di catalogo (ovvero quelli usciti da oltre 18 mesi) hanno superato, in termini di copie smerciate, le novità. È quanto si legge nella relazione sull'andamento del mercato nei primi sei mesi del 2012. In questo periodo le ristampe hanno venduto 76,6 milioni di pezzi; le novità si sono fermate a 73,9 milioni. E ciò a fronte dell'inarrestabile mega-seller 21 di Adele, per altro uscito nel 2011.
Tra i dischi di catalogo, al primo posto, c'è l'inossidabile Greatest hits dei Guns N' Roses (uscito nel 2004, solo negli Usa ha venduto oltre 5 milioni di copie) seguito da quattro album della appena scomparsa Whitney Houston. Ma sono piazzati bene anche album non troppo datati come Brothers dei Black Keys, risalente al 2010. Secondo l'analista di Nielsen David Bakula, citato da Rockol.it, accanto alla nostalgia, il motore di questa fetta di mercato è il prezzo in picchiata, scelta obbligata per competere con gli store on line. Un fenomeno del tutto simile sta avvenendo in Italia, come sanno i (purtroppo pochi) frequentatori di negozi di dischi: con 5 euro si possono acquistare numerosi classici, almeno nelle grandi catene. Secondo Bakula, il prezzo stracciato o quasi avrebbe attirato nuovi acquirenti: i giovani. C'è poi chi, commentando il report, lamenta la mancanza di talenti capaci di lasciare il segno e trascinare le vendite. Bakula stesso dice di non vedere all'orizzonte un cantante o una band in grado di sbancare. Mancherebbero nomi carismatici e trasversali. Del resto, i Cinquanta hanno avuto Elvis; i Sessanta sono stati segnati da Beatles, Stones, Dylan e un'altra miriade di leggende; i Settanta hanno tenuto a battesimo il punk e la New Wave; gli Ottanta hanno rilanciato con il metal, l'hip hop e il pop sintetico; i Novanta sono tornati ai chitarroni, con il grunge, e hanno sdoganato la dance elettronica; gli anni Zero hanno invece visto la «scena» frantumarsi in una moltitudine di nicchie coltivate da pubblici diversi ma non hanno prodotto alcun fenomeno «epocale».


Il panorama è così arido da giustificare il ritorno al passato? Arriverà il divo capace di riportare le cose come sono sempre state? Viviamo in un'epoca priva di originalità a causa della rete? Il dibattito è aperto.

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