L'eredità di Sir Scruton è fondamentale ma l'Europa la ignora

Il filosofo ha sempre difeso le nostre radici cristiane e la tradizione. Senza estremismi

L'eredità di Sir Scruton è fondamentale ma l'Europa la ignora

Pochi uomini nella seconda metà del Novecento hanno avuto la capacità di dar vita a un pensiero organico e strutturato che non tenesse in considerazione le mode, le influenze e le convenienze della nostra epoca dominata dal politicamente- corretto come Roger Scruton. Filosofo, polemista, scrittore, professore, in una parola intellettuale tout court, Scruton è stato senza dubbio il massimo interprete del conservatorismo europeo contemporaneo, fedele alla lezione di Edmund Burke, T.S. Eliot e della secolare tradizione conservatrice inglese, ha saputo coniugare al rigore del proprio pensiero la capacità di divulgarlo attraverso una fittissima attività editoriale, giornalistica e convegnistica.

La sua morte rappresenta una grave perdita non solo per i conservatori europei ma anche per tutti gli occidentali perché ci ha lasciato un uomo che ha difeso fino all'ultimo la tradizione, la cultura e le radici cristiane dell'Europa senza scendere a compromessi ma al tempo stesso evitando di cadere in posizioni estremiste, velleitarie o reazionarie.

Scruton ha saputo con genialità interpretare battaglie all'avanguardia come quella sull'ambiente, sintesi di un conservatorismo moderno, ben saldo sui propri valori e critico nei confronti delle derive della società contemporanea.

Su tutte la denuncia dell'oicofobia che attanaglia la nostra epoca, un termine coniato da Scruton nel 2004 definendo così «l'esigenza di denigrare i costumi, la cultura e le istituzioni che sono identificabili come nostri», in parole povere l'odio per la nostra storia e cultura.

L'oicofobia mette in discussione i fondamenti del pensiero conservatore che, al contrario, ha a cuore la propria civiltà e nazione a partire dal concetto di comunità, intesa come un insieme di persone che condividono gli stessi valori e idee. L'oicofobia fa del multiculturalismo il cardine della propria azione, un concetto che Scruton rifiuta e mette in discussione già dai primi anni Ottanta quando avviene un episodio destinato a segnare la sua carriera e premonitore di quanto sarebbe poi accaduto a distanza di più di trent'anni.

Si tratta del caso Honeyford, il preside di una scuola media di Bradford che si esprime contro il modello multiculturale e per questo viene licenziato. Secondo Scruton, Honeyford è vittima dell'establishment britannico intenzionato a eliminare ogni segno di patriottismo dalle scuole. Lo scrive sulla sua rivista Salisbury Review venendo a sua volta attaccato, emarginato ed etichettato come razzista, un insulto utilizzato con frequenza dalla sinistra nei suoi confronti in assenza di risposte ai cambiamenti prodotti dall'immigrazione di massa e paragonata a quella di essere un borghese in Russia durante il periodo di Lenin o un émigré nella Francia rivoluzionaria. Questo episodio lo porta ad abbandonare la carriera accademica e a comprendere il significato di appartenere a una minoranza culturale perseguitata e disprezzata dall'opinione pubblica progressista.

Chissà se Scruton, diventato nel frattempo Sir, si sarebbe aspettato nella primavera del 2019 di venire cacciato dal governo britannico (per giunta conservatore) dalla commissione che presiedeva «Building Better, Building Beautiful» per un'intervista rilasciata a New Statesman in cui criticava l'islam e Soros con affermazioni rielaborate e pubblicate parzialmente al punto da indurre la redazione della rivista a scusarsi con lui. Eppure gran parte del mondo politico conservatore inglese, la premier May in primis, gli aveva voltato le spalle. Un atteggiamento comune ai governi dell'Europa occidentale, tra cui quello italiano, che in vita hanno ignorato Scruton, mentre in Ungheria Orbán lo ha premiato per il suo impegno culturale contro il comunismo, così come il governo polacco e quello ceco, segno di un'Europa dell'Est che conserva valori da noi ormai perduti.

Che cosa rimane oggi della sua lezione? Un'eredità importante per l'Occidente che potrebbe attingere a piene mani dai suoi scritti ma, anche da morto, la politica non è stata in grado di ricordarlo, salvo rare eccezioni. Lo ha fatto il Primo Ministro inglese Boris Johnson, che ci è stato presentato come un pericolo per l'Europa ma che è in realtà un uomo di grande cultura e lo ha dimostrato anche in questa occasione, e in Italia Giorgia Meloni con un tweet in cui lo ha definito «una delle menti più brillanti e acute del nostro tempo». Per fortuna in Italia è vivo un lucido e profondo pensiero conservatore che ha saputo raccontare la figura di Scruton negli scritti di Luigi Iannone (che gli ha dedicato un libro), nelle parole di Gennaro Malgieri, negli articoli di Giulio Meotti e nelle riflessioni di Marco Respinti, solo per citare alcuni studiosi del conservatorismo nostrano che si sono interfacciati con la sua figura.

È compito di tutti noi fare in modo che la lezione di Scruton non solo non sia dimenticata ma venga applicata in ogni ambito del quotidiano; Sir Roger ha tracciato la strada, sta a noi proseguirla tenendo accesa la fiammella del conservatorismo.

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