L'islam contro le donne Le molestie di Colonia sono un atto di guerra?

La rivista «Vita e pensiero» ospita un confronto sul tema. La storica Anna Foa: «Non sono semplici aggressioni ma la punta dell'iceberg»

L'islam contro le donne Le molestie di Colonia sono un atto di guerra?

Il Capodanno dell'orrore di Colonia (e di Amburgo, di Helsinki, di Zurigo) è stato «solo» un atto di violenza sessuale dalle proporzioni sconvolgenti? Oppure è stato qualcosa di ancora peggio, un atto di guerra contro la civiltà occidentale? Perché nelle piazze tedesche sono state colpite le donne, centinaia e centinaia di donne, aggredite e molestate, derubate e palpeggiate da uomini di origine araba e nordafricana. Un attacco che ha toccato un nervo scoperto, anche sul fronte delle interpretazioni buoniste: di fronte a una «minoranza» (gli immigrati) sotto accusa, infatti, c'è un'altra «minoranza» (le donne), che però è vittima. E allora, che cosa è successo e, soprattutto, come va interpretato?

È il dibattito affrontato dalla rivista Vita e pensiero in un articolo intitolato L'Occidente, l'islam e lo «sfregio» di Colonia, in cui si confrontano la storica Anna Foa, l'islamista Paolo Branca e la poetessa Rosita Copioli.Secondo Anna Foa, quello che è accaduto a Capodanno «non può in nessun modo essere minimizzato»: «Non esiste possibilità di paragonare questi fatti a episodi di molestie che pure, certo non vogliamo negarlo, si verificano in questa nostra Europa indipendentemente dalla religione e dalla nazionalità di chi li compie». Le violenze di massa di Colonia sono «la punta di un iceberg che abbiamo troppo a lungo rimosso, quello della concezione della donna che predomina nel mondo musulmano, quella dell'oppressione della donna musulmana spesso presente nelle famiglie e nella società». Foa prende le distanze da chi metta in discussione l'accoglienza («doverosa e necessaria di fronte all'inferno del mondo da cui provengono i profughi») e dalle «farneticazioni razziste»: «Ma non si può, in nome dell'accoglienza, negarci il fatto che stiamo stringendo un patto con una società nel cui seno non esiste uguaglianza» spiega; e, ancora di più, «che la stiamo stringendo con i suoi maschi, di fatto consentendo loro di continuare a opprimere la metà femminile di questa società».

Per Paolo Branca, invece, «quando il dato culturale si abbina con l'appartenenza alla religione islamica, la bizzarria tanto delle giustificazioni quanto delle condanne a priori si configura sovente come qualcosa di totalmente irrazionale». L'islamista fa notare, per esempio, che anche durante le primavere arabe «gruppi di giovani arrapati han cominciato a infastidire ragazze e donne, persino velate»; e poi cita gli stupri collettivi in India e le «migliaia di donne e minori» che «scompaiono ogni anno in America Latina per finire nell'inferno della prostituzione o nell'incubo del commercio d'organi». Secondo Branca insomma, al di là delle appartenenze religiose e degli stili di vita, il problema è che «famiglie, scuole, enti religiosi e via dicendo ormai faticano a trasmettere alle nuove generazioni il senso del limite... Freni inibitori che un tempo facevano parte di meccanismi automatici di controllo sociale legato a forme di disapprovazione ineludibili sembrano essere entrati in avaria». Secondo Foa, invece, proprio le violenze avvenute durante la primavera araba in Egitto ricordano «molto da vicino» quello che è avvenuto a Colonia e pongono di fronte a un problema radicale: la «modernizzazione dell'islam» e, con essa, la questione di un «femminismo musulmano».

Un movimento che esiste, fra molte difficoltà, e «le sue sostenitrici non sono in galera né fra i morti, e vivono di solito in Paesi occidentali».Contro un «concetto frainteso come il multiculturalismo», la poetessa Rosita Copioli parla di una «violenza dei simboli» che supera addirittura l'azione di guerra: «Il crimine di Colonia - scrive - non è solo un atto di guerra, come lo sono quelli consumati da sempre sul corpo delle donne. Ed è molto più grave degli attentati dei kamikaze di Parigi».

Perché «non attacca una parte dell'umanità, ma la sua metà originaria», la madre insomma; e, insieme, «compie un doppio sfregio: sia delle femmine considerate inferiori, sia dei loro maschi, cui si sostituisce con la violenza». Uno stupro al cuore della civiltà occidentale: «Conquistato il potere, si imporrà la sottomissione della donna (e degli uomini). Questo è ciò che annuncia lo stupro di Colonia».

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