Adolfo Wildt la scolpisce nel bianco del marmo, idealizzandone l'ovale. Eppure non si può dire che sia bella. Neanche nel ritratto che le dedicò l'amico Mario Sironi risplende per venustà. Veneziana di famiglia ebrea ricca, i Grassini, in seguito Sarfatti (avendo sposato Cesare, rampollo di altrettanta nobile schiatta lagunare), Margherita è però destinata per modi, studi, e intelligenza a diventare una delle donne più importanti del suo tempo.
Amica, amante, mallevadrice, e biografa di Benito Mussolini (Dux del 1925 fu best seller internazionale) avrà un ruolo fondamentale nella cultura e propaganda fascista. Ospite straordinaria, nel suo salotto - a Milano e poi a Roma - passeranno tutti i più importanti intellettuali e artisti dell'epoca; giornalista impegnata, dapprima socialista, amica e rivale della Kuliscioff, poi fascista collaboratrice del Popolo d'Italia e direttrice di Gerarchia (fino al 1934), fu scrittrice, mecenate e critica d'arte. A lei si deve, in opposizione agli eccessi e alle sperimentazioni delle avanguardie e del Futurismo, la creazione del gruppo Novecento (Sironi, Funi, Dudevrille, Bucci, Malerba, Marussing, Oppi) che interpreta, dal 1922, quel ritorno all'ordine e alla classicità che in seguito sarà bollato, e sminuito, in quanto arte di regime.
Quella della Sarfatti fu una vita sopra le righe, per certi versi tragica (dalla prematura morte del figlio Roberto durante la prima Guerra mondiale, all'esilio in Sudamerica nel 1938), piena di contraddizioni, eccessi, desideri, incontri e scontri, che ora viene tracciata in modo definitivo da Rachele Ferrario in un tomo denso e pieno di notizie che ne incastona la figura nelle temperie dell'epoca (Margherita Sarfatti. La regina dell'arte nell'Italia fascista, Mondadori, pagg. 404, euro 25). Innanzitutto, il rapporto con Mussolini: un rapporto di amicizia, amore, passione sfrenata, infine di sofferta indifferenza. Il Duce, arrivato al potere, cercò quasi subito di sbarazzarsi dell'ingombrante amante che, anni dopo, fu costretta a fuggire dall'Italia quando il regime appoggiò le politiche razziste del Nazismo.
Secondo, l'adesione al Fascismo: da socialista Margherita seguì Mussolini nella cavalcata al potere (fin dalla marcia su Roma), divenne un'interprete fidata del nuovo corso, ebbe incarichi e prestigio, sebbene osteggiata dall'intellighenzia, cercò fino all'ultimo in tutti i modi lei filo americana di impedire l'alleanza con la Germania hitleriana. Terzo, il lavoro nel campo dell'arte e della cultura: da Boccioni (con cui intratterrà un rapporto d'amorosi sensi) a Marinetti, da Carrà a De Chirico, da D'Annunzio a Marconi, la Sarfatti è l'epicentro vitalistico di una grande, forse irripetibile, stagione culturale.
Rientrata in Italia nel 1947, ormai sessantasettenne, vivrà gli ultimi anni lontano dai riflettori, scontando la diffidenza spesso anche di chi in passato aveva aiutato, evitando di parlare di politica, preferendo la letteratura, intrattenendo rapporti con pochi vecchi amici, tra cui Bernard Berenson, fino alla morte avvenuta nel 1961.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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