Lui esce di corsa, finito lo show, vestito come una rockstar glam anni '70 e Gino Paoli gli fa: «Tu sei Achille Lauro come l'armatore?». L'incontro tra due generazioni distinte e distanti. Achille Lauro, al secolo Lauro De Marinis classe 1990, è stato la rivelazione del Festival di Sanremo e il suo ultimo brano C'est la vie è stato molto alto nelle rotazioni radiofoniche. «Ora c'è 1969 che ci accompagnerà tutta l'estate», spiega uscendo dall'Arena di Verona dopo essere stato premiato ai Seat Music Awards. Sul palco dell'Ariston, la sua Rolls Royce ha convinto tutti e scatenato molte polemiche perché ritenuto un inno alla droga. «Ma no, è tutt'altro», dice lui che poi chiarirà per filo e per segno tutta la polemica. Ora, piaccia o no, è uno dei golden boy della nostra musica e la prima cosa che gli viene da dire è: «Per fortuna sono riuscito a togliermi di dosso l'etichetta di trapper. Nulla contro il genere, sia chiaro, ma io sono diverso». E basta vederlo o ascoltarlo per accorgersene.
Partiamo dal Festival.
«Ci sono entrato in un modo e sono uscito in un altro. Ero ghettizzato in un preciso genere musicale e invece ho dimostrato di essere libero. E dire che Rolls Royce era pronta da un anno e mezzo, aspettavo solo la vetrina giusta».
Ma le conseguenze sono state anche pesanti.
«La campagna contro di me di un programma (Striscia la Notizia) che è andata avanti per oltre venti giorni dopo la fine del Festival. Sapevo che a Sanremo si sarebbe smosso qualcosa, Ma non pensavo di finire sotto la gogna così per caso».
Insomma Rolls Royce è un inno alla droga oppure no?
«Ma no, non c'entra nulla. Anche quando canto Voglio una vita così... mi riferisco al lusso, allo stile di vita, non certo alle droghe. Certi programmi dovrebbero fare informazione vera, non inventarsi i casi».
Ma lei che rapporto ha con la droga?
«Vengo da un quartiere di Roma molto difficile, dove si spaccia alla luce del sole. Se sei intelligente, ti distacchi dalla droga. Altrimenti ne sei vittima».
E lei?
«Ho vissuto per tanto tempo con mio fratello in una specie di comune dove passavano sempre artisti, pittori, musicanti. C'era Coez e c'erano altri artisti. La droga girava, ma come dappertutto. Né più né meno. Però moltissimi ragazzi non conoscono davvero il pericolo della droga. Io che vengo da un quartiere di merda, invece lo conosco bene. La droga è veleno che uno inala o che si inietta, non si può parlarne così superficialmente. In ogni caso, il problema più grande della mia generazione non sono gli stupefacenti, ma il non sapere cosa fare della nostra vita. Da qui nascono tutti i vizi».
Achille Lauro dimostra di non essere il «solito rapper» invasato che parla solo di lusso e futulità.
«Sono figlio di persone normali che si sono fatte il mazzo. Mio padre è stato un professore universitario, mia mamma mi ha insegnato tanto. Ma, vivendo in quartieri complicati, ho sviluppato una forma di allergia all'ignoranza. Mi sentivo male dentro, non sapevo quale posto avere nel mondo. Così mi sono fatto un'overdose di cultura, ho letto libri, guardato film e sono uscito dai clichè».
Emis Killa e altri speravano lei vincesse il Festival.
«Ma la vittoria di Mahmood è stata giusta, è giovane e ha talento. A Sanremo si premiano altre cose rispetto a quelle che faccio io. Io ad esempio premierei l'imperfezione di talento, non la perfezione a tutti i costi...».
Però.
«Però da lì ne sono uscito con una iniezione di creatività».
Seguirà le mode?
«Se c'è una moda, io non la seguo di certo, vado dall'altra parte. E' un istinto che ho, non riesco a sopprimerlo».
E quindi adesso?
«Adesso scompongo e ricompongo la musica. Dopo il rock'n'roll punk di Rolls Royce, sto scrivendo un album nel quale mescolo swing e blues e altri generi. Diciamo che vorrei andare oltre».
Il suo guardaroba invece punta all'indietro. Agli anni Settanta, si direbbe.
«Ho cambiato look molto spesso e spesso mi hanno criticato.
Insomma, ho sempre avuto vestiti strampalati. In questi ultimi tempi sono stato folgorato dallo stile di David Bowie e dal look alla Velvet Goldmine. Dopotutto ho 28 anni, mica mi sono vestire ancora con jeans e scarpette».
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