Il 18 settembre il famoso, o famigerato, Salvator Mundi sarà esposto per la prima volta al nuovo Louvre di Abu Dhabi, che diventerà la sede permanente dell'opera. E nel 2019, a 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, sarà spostato in mostra temporanea al Louvre di Parigi, nientemeno che a fianco della Gioconda... Non sembrerebbe una grande notizia. Ma lo è. Per due motivi. Uno: il dipinto, battuto all'asta il 15 novembre 2017 nella sede newyorkese di Christie's per 450 milioni di dollari, è a oggi il quadro più costoso del mondo. Due: si dice che sia di Leonardo.
Si dice, appunto. E dietro (misteri), attorno (giro di affari), sopra (strani interessi) e sotto (elementi non chiari) questo quadro c'è una storia straordinaria di arte, denaro, politica. L'attesa per l'arrivo negli Emirati Arabi non fa che rilanciare l'interesse per l'enigmatica tavola. La rivista tedesca Stern, nell'edizione in edicola, ha in copertina il quadro col titolo Il Codice da Vinci: «450 milioni di dollari per una truffa nel mercato dell'arte? Come un quadro di un rigattiere è diventata l'opera più costosa del mondo. Un'inchiesta su avidità, oligarchi e un principe saudita...». Truffa?! Avidità!? Principi sauditi... E cosa significa che il quadro arriva da un rigattiere (o mercatino, ndr)? Altri giornali hanno parlato di «crosta»... Ma cosa c'è dietro?
Dietro c'è una esemplare vicenda di cosa sia diventato oggi il mondo dell'arte, e non solo dell'arte contemporanea (dove le opere costano non perché valgono ma valgono perché costano) ma persino dell'arte per eccellenza, quella dei maestri del Rinascimento. Pensate che la tavola del Salvator mundi di cui stiamo parlando negli anni Cinquanta è stata pagata 45 sterline (!). E un anno fa è stata pagata 450 milioni di dollari, commissioni incluse: 381 milioni di euro. Incredibile, vero? In un'età come la nostra, più fluida che liquida, in cui tutto muta velocemente e indefinitamente, in cui si cambiano con facilità sesso, valori, confini, dove il totem dell'autenticità vacilla e l'autentico sconfina nel rifatto e viceversa, si può creare, da un anonimo dipinto, un capolavoro senza prezzo. Il Leonardo transgender. È vero? È falso? È attribuito? È «compatibile»? È ritoccato? La chirurgia estetica, che nell'arte si chiama restauro, può fare miracoli.
I dipinti attribuiti con certezza a Leonardo da Vinci (1452-1519) non arrivano a venti. Non è strano che studiosi e mercanti di tutto il mondo vadano alla ricerca dei suoi capolavori perduti. Però, quello di oggi, è davvero uno strano caso. Tanto strano, intricato e iconico di un tempo in cui tutto si compra e si trasforma, che se ne potrebbe scrivere un libro. Quello che ha fatto Pierluigi Panza col suo L'ultimo Leonardo, sottotitolo «Storia, intrighi, misteri del quadro più costoso del mondo», che uscirà a fine agosto da Utet e che ricostruisce documentatamente la storia del Salvator mundi, indietro e avanti nel tempo, dall'asta milionaria («Cristo è battuto») fino all'arrivo ad Abu Dhabi. E Leonardo andrà alla Mecca.
La storia del quadro è complicata. Ma l'idea che ci si fa è piuttosto chiara: non ci sono documenti sufficienti né accertamenti univoci per dire che il Salvator mundi sia un Leonardo «oltre ogni ragionevole dubbio» e nemmeno per sostenere il suo contrario. È «compatibile» con Leonardo (ma cosa vuol dire?) oppure, e forse è peggio, è un Leonardo «per insufficienza di prove contrarie». Per il resto sono stupefacenti i meccanismi attraverso i quali oggi si può «costruire» un Leonardo da zero, o quasi (con restauri, pareri, circolazione di denaro, prezzi gonfiati).
Comunque, sentite qua. Non esiste alcun documento che provi il fatto che Leonardo abbia dipinto un Salvator Mundi. Abbiamo semmai un paio di indizi: due disegni di Leonardo di una manica e un frammento di veste di un Salvator Mundi e molti suoi allievi che hanno dipinto dei Salvator Mundi tra loro simili, da cui l'ipotesi che esistesse un originale del Maestro dal quale si copiava. La supposizione è che dopo il 1500, nel secondo periodo milanese del Maestro, Leonardo possa aver dipinto (parzialmente) una tavola di un Salvator Mundi per Luigi XII, ma niente di più. Dopodiché si deve supporre che il quadro sia stato portato in Francia, a Blois, e da qui arrivato in Inghilterra come dono per le nozze fra Henrietta Maria di Borbone e Carlo I Stuart. Infatti a Londra, nel 1650 (questo il primo documento esistente) un incisore boemo realizza una riproduzione quasi identica alla tavola che sarà battuta da Christie's scrivendo nella didascalia che l'incisione è tratta «da Leonardo da Vinci»... Da qui in avanti, liberi tutti. Mentre dal XVIII secolo molti altri Salvator Mundi appesi nelle corti d'Europa vengono attribuiti a Leonardo, la tavola degli Stuart è riconosciuta, con qualche incertezza, in quella che a inizio '900 il Victoria and Albert Museum acquista da un rigattiere a Londra per conto del marchese Cook. Nessun critico, da notare, attribuisce mai questa tavola a Leonardo. Nel giugno 1958 l'ultimo dei Cook consegna a Sotheby's la vecchia tavola per essere messa all'asta: se la aggiudica un anonimo per 45 sterline come «copia da Boltraffio». Nel 2005, il gallerista americano Robert Simon compra a New Orleans un Salvator Mundi che corrisponderebbe a quella venduta dai Cook pagandola questa volta 10mila dollari. Da qui inizia la «costruzione» del Salvator Mundi di Leonardo ritrovato. Simon la fa restaurare e (miracolosamente?) «riemerge» lo sfumato leonardesco... Nel 2008 la tavola viene portata alla National Gallery dove alcuni esperti iniziano a sostenere che sia questo «l'originale perduto» di Leonardo (ma nessuno firma una perizia scritta) e nel 2012 il prestigioso museo inglese organizza una supermostra con al centro l'attribuzione a Leonardo del Salvator Mundi americano restaurato. E il quadro comincia a girare come un «bond» da far fruttare. Nel 2013 è acquistato in trattativa segreta tramite Sotheby's da un discusso intermediario svizzero, e la cifra è già lievitata a 80 milioni di dollari. Pochi giorni e lo svizzero lo gira (per 127 milioni) al magnate russo Rybolovlev, il quale decide poi di affidarlo a Christie's, che sceglie di batterlo in un'asta di quadri «moderni» perché girano più soldi. E qui l'erede al trono saudita Mohammed Bin Salman se lo assicura (a 450 milioni di dollari) in asta. Passa una settimana e Bin Salman compra il superyacht Topaz dallo sceicco degli Emirati Mohammed Bin Zayed pagandoglielo - guarda caso - la stessa cifra: 450 milioni.
In cambio del quadro? Poco dopo l'annuncio che il dipinto è nella disponibilità del Department of Culture and Tourism di Abu Dhabi, che lo metterà al Louvre della città il 18 settembre.E così un tavola di legno del '500, partita da un rigattiere per 45 dollari, è diventata il quadro più costoso del pianeta.
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