Nella foresta di bronzo e stoffa di Alik Cavaliere: tra mito e Natura

Nella foresta di bronzo e stoffa di Alik Cavaliere: tra mito e Natura

La grande Sala delle Cariatidi, al piano nobile di Palazzo Reale - un intrico di stucchi, specchi e lacerti neoclassici - è perfetta per contenere la foresta artificiale di opere - un groviglio di segno, mistero e mito - di Alik Cavaliere (1926-98), artista ironico e inquieto capace di raccontare storie eterne con le sue strane - all'epoca, e un po' anche oggi - sculture narranti. Che ora tornano a incantare.

Benarrivati dentro L'universo verde, titolo della grande mostra diffusa su più sedi (aperta a Milano fino al 9 settembre) che è anche un progetto che a vent'anni esatti dalla morte vuole omaggiare e risarcire (per una certa dimenticanza) un artista come Alik Cavaliere, fra i primissimi, fin dagli anni '60, a spezzare l'unità della scultura, facendone un'opera aperta, e ad affrontare, con le sue opere che recuperano il rapporto col mondo naturale, i temi ecologici e ambientalisti che tanto hanno successo oggi dentro il grande parco dell'art system. «Nessun artista, nella scultura del Novecento, ha scolpito il mondo della vegetazione, e per essere più precisi, l'universo verde delle foglie, dei frutti, dei cespugli, degli arbusti, degli alberi, come Alik Cavaliere», ha detto ieri la curatrice della mostra, Elena Pontiggia. Ed eccolo, il suo Universo verde. Le propaggini del grande «albero» di Alik Cavaliere - nato a Roma nel 1926, figlio di Alberto Cavaliere e della scultrice russa emigrata in Italia Fanny Kaufmann, fermatosi a Milano fin dal '38 per lavorare e insegnare all'Accademia di Brera - arrivano al vicino Museo del Novecento (che ospita il ciclo surreale Le avventure di Gustavo B.), a Palazzo Litta (con una grande opera collocata nel giardino interno al Cortile d'Onore), alle Gallerie d'Italia in piazza della Scala (con un gruppo di sculture in bronzo che riprendono il tema della Natura chiusa in gabbia) e all'Università Bocconi (dove sono esposte le incisioni realizzate con Vincenzo Ferrari). Ma le radici della mostra sono qui, dentro la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale. Sculture che manifestano tutta la pluralità di linguaggi, di materiali (dai più nobili ai più poveri, dal bronzo alla stoffa) e di idee di cui fu capace Alik Cavaliere, fra illuminazioni filosofiche (Lucrezio), titoli latini (non studiò solo arte...), citazioni (le mele di Magritte, le mele delle Esperidi...

) e un coinvolgimento totale con la Natura: ecco il Monumento alla mela (1963), ecco l'Alberto per Adriana (1970), ecco soprattutto, là in fondo alla sala, l'enorme istallazione La grande Dafne (1991) dove Apollo insegue la Ninfa, il Mito rincorre l'Arte, il (sur)reale l'informale e le linee lo spazio.

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