"Niente nel nostro universo è più instabile del Tempo"

Il famoso fisico quantistico ci spiega perché il presente non esiste e non esiste un "metronomo" del cosmo

"Niente nel nostro universo è più instabile del Tempo"

Da Roma

Roma, Piazza del Popolo. È l'una. I tavoli del Bar Rosati sono pieni. Qui e ora, che cosa c'è di più certo? Che cosa c'è di più ovvio, naturale, del tempo che passa? Devi chiederlo a Carlo Rovelli. Fisico teorico, cervello ormai fuggito da decenni (dirige il laboratorio di gravità quantistica all'università di Aix-Marseille), è tutta la vita che ha «un po' la fissa» del tempo (conferma: «Sì, mi è nata piano piano, negli anni Settanta, quando ho iniziato a lavorare sui problemi della gravità quantistica e sulla equazione di Wheeler-DeWitt»). Dopo il (bellissimo) La realtà non è come ci appare (Cortina) e il bestseller internazionale Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi), ora ha scritto L'ordine del tempo (sempre Adelphi, pagg. 208, euro 14), titolo che è una citazione da un frammento di Anassimandro.

Carlo Rovelli, perché questo titolo?

«È un compromesso. Avrei voluto la frase in greco antico. Ho combattuto con Calasso, ma lui mi ha detto: Non venderebbe una copia. Neanche una. Poi ci ho riprovato, perché in quel periodo stavo ascoltando i Led Zeppelin».

I Led Zeppelin?

«Avevo letto che il loro quarto album, che per me è il più bello, volevano pubblicarlo senza titolo, ma la casa discografica si era opposta. Loro hanno insistito, ed è diventato uno dei grandi successi della storia del rock. Allora ho riprovato anche io con Calasso. Ma mi ha detto di no».

Forse i Led Zeppelin non erano l'esempio giusto. Che cosa dice Anassimandro nel frammento?

«C'è questa idea di comprendere il mondo, in cui le cose si trasformano l'una nell'altra altra, secondo l'ordine del tempo».

Un ordine che però non c'è?

«Certo, l'intero libro smentisce il titolo. È falso».

Noi ci siamo visti due anni fa. È vero oppure no?

«Certo che è vero. La complicazione di cercare di capire il mondo in un ambito più ampio della nostra esperienza quotidiana porta al fatto che i concetti della nostra vita quotidiana non valgano più. Ma questo non significa che la vita quotidiana non sia ben descritta da questi concetti. In questo senso il tempo non è illusione, è reale».

Però dice che «si sfalda»...

«Sì. Tutte le caratteristiche che sembrano intrinseche, naturali al tempo, come l'unicità, il fluire dal passato verso il futuro, il fatto che passi per tutti, in realtà sono approssimazioni. Caratteristiche che ci sono solo alla nostra scala e non quando guardiamo le cose a livello del molto piccolo, o quelle molto lontane nell'universo».

Per esempio, il fatto che non esista un «presente dell'universo»?

«Credo sia l'aspetto più sorprendente della fisica di Einstein: ci obbliga a cambiare le nostre intuizioni».

Che cosa ci dice la fisica contemporanea sul tempo?

«Ci dice che, per capire il tempo, non basta la fisica in senso stretto. Il tempo riguarda la termodinamica, la biologia, la psicologia, il nostro cervello... Tutta fisica, ma non quella elementare. Il tempo nasce dalla complessità del mondo».

Quindi come si fa?

«Devi capire che cosa siamo noi, oggetti fisici molto complicati e particolari. Perciò il libro è pieno di riferimenti di filosofia e di letteratura. Proust, e poi i versi di Orazio, un poeta che amo alla follia».

Che cosa resta in un mondo senza tempo?

«Un insieme di accadimenti, di eventi, che non sono ordinati fra loro: né disposti lungo una linea, né secondo la geometria dello spazio-tempo. Sono collegati in modo complicato: non come un romanzo, ma un po' come una stanza in cui sono sparsi tanti fogli, ciascuno con un pezzo di racconto e collegato agli altri, ma senza possibilità di metterli in ordine».

Il mondo senza tempo non è immobile? Non è che aveva ragione Parmenide?

«No, non è immobile. Anzi, è più mobile: manca l'ordine del tempo».

Nel libro c'è una terza parte. Il ritorno, il recupero del tempo perduto. È la parte più umana?

«Sì. È una parte a cui tengo moltissimo. Si torna a casa, un po', più di quanto ci si potesse aspettare. Si riparla di noi, del nostro essere tempo».

Come si ritrova il tempo?

«In questo disordine, questo insieme di accadimenti, noi siamo un pezzo di realtà e, intorno a noi, organizziamo un flusso temporale. E lo organizziamo con la nostra memoria: siamo noi che raduniamo gli eventi in un insieme che chiamiamo tempo. Quindi per capire il tempo dobbiamo pensare a come capiamo il mondo, come funziona il nostro cervello».

Come funziona?

«Tutti gli esseri viventi sono macchine per prevedere il futuro, e usano la memoria per farlo: il leone corre dietro alla gazzella perché prevede che la mangerà. Noi viviamo a cavallo, fra passato e futuro, altrimenti come potremmo sentire il tempo, il suo fluire? È l'osservazione, strepitosa, di Sant'Agostino».

C'è altro?

«Faccio un passo in là. Il cuore di quello che succede in noi, fra memoria e anticipazione, non è una cosa intellettuale: è una cosa emotiva. Un ribaltamento».

Che cosa ribalta?

«Un po' tutta la letteratura, la filosofia e la fisica sul tempo dicono: il tempo ci emoziona; dimentichiamo le emozioni, perché ci confondono, e cerchiamo di capire che cosa sia. Io arrivo a dire l'opposto: quelle emozioni sono l'origine del tempo, è lì che dobbiamo vedere da dove viene il senso del fluire del tempo».

La fisica si concilia con le emozioni?

«Sì, assolutamente».

Ma la fisica aiuta in questo ritrovamento del tempo?

«Sì. Una parte di questa ricostruzione è fisica, ed è cruciale: come esseri umani siamo pezzi di mondo. La scienza ci interessa se ci aiuta ad avere una comprensione coerente, organica del mondo. Altrimenti che cosa ce ne facciamo?».

Perché l'entropia, «Fa andare avanti il mondo»?

«È la quantità che distingue il passato dal futuro, che orienta la storia del mondo, perché conta l'irreversibilità dei processi. Si dice sempre che serve energia, ma ce n'è di infinita: è l'entropia che conta l'energia utilizzabile».

Perché il processo è irreversibile?

«Perché le cose da sole si disordinano, sempre. E per riordinarle bisogna disordinarne altre. La domanda aperta è: come mai nel passato c'è ordine?»

Perché la fisica piace tanto al grande pubblico, ora?

«Forse per reazione a un periodo in cui si parlava troppo male della scienza. Ora la gente si accorge che la scienza ci serve, e che è bella, non così arida, antiumana e pericolosa come è stata dipinta per un po'».

Le Sette lezioni, ha venduto tante copie in Cina quante in Italia. Si è stupito?

«Mi ha stupito tutto... L'Italia, poi l'Inghilterra, l'America, la Cina... Tutto uno stupore. La Cina sta ancora cambiando, rapidamente, ed è molto più innamorata dell'Occidente di quanto lo sia l'Occidente stesso. E in questo amore si è innamorata anche della scienza».

Fino a dove pensa che possa arrivare la fisica?

«Possiamo conoscere sempre di più, ma

credo rimarranno sempre delle domande aperte. Finora, ogni volta che abbiamo scoperto qualcosa abbiamo scoperto che c'era dietro qualcos'altro, che non capivamo. Non credo siamo vicini a una comprensione chiara di tutto».

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