In tempi di vittorie all'Oscar e di celebrazione del cinema italiano engagé, Christian De Sica torna a farsi sentire e rivendica la dignità e il valore del "cinepanettone". In concomitanza con l'avvio della tournée in stile musical "Cinecittà", l'attore e regista romano racconta a L'Espresso la sua visione sul presente e sul futuro del cinema italiano: "Per la storia di Cinecittà ci vorrebbero quattro musical. Questo posto è lo specchio del paese, da “Ben Hur” al “Grande Fratello” c’è tutta la storia d’Italia."
De Sica prova ad indagare le cause della crisi del settore, provocata prima dagli americani ("Ci hanno costretto a doppiare i loro film, ma non hanno mai doppiato i nostri") e in seconda battuta dalla critica, la cosiddetta intellighenzia ("Gente che il cinema comico lo ha sempre bistrattato"). Ribadisce che i film di Natale hanno fatto guadagnare miliardi a tutta l'industria cinematografica italiana, e hanno guadagnato a lui l'affetto di milioni di spettatori: senza quella comicità, e senza la notorietà che ne è derivata, non sarebbe possibile ora fare spettacoli nei teatri da tremila posti o pubblicare libri con Mondadori?
"E poi mi lasci dire: i cinepanettoni sono spesso i migliori interpreti del Paese. Il ritratto fedele della nostra borghesia anni Ottanta e Novanta. Il film comico è la statua di Pasquino, ha la verità sotto il sedere", sbotta De Sica in una rivendicazione che ha del liberatorio. Poi parla anche di chi fa satira di professione, come Maurizio Crozza e Antonio Albanese ("Mi piacciono ma non mi fanno ridere"), ma è su Beppe Grillo la battuta più attesa: "L'ho votato ma non mi ha mai fatto ridere".
Di Paolo Sorrentino e del trionfo italiano agli Oscar, De Sica dice: "Sono felice, è uno schiaffo di vitalità per tutto il nostro cinema. Sorrentino è un vero visionario. Certo ci avrei messo meno suore, meno giraffe e più Sabrina Ferilli..."
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