Proprio lui, l'infoiato di Basic Instinct, autorecluso in clinica per disintossicarsi dalle propria ossessione eterosessuale, adesso torna come gay di fascia alta. A 68 anni Michael Douglas è ancora aitante, dopo aver sconfitto il cancro alla gola che l'ha tenuto lontano dall'ambiente dello spettacolo per circa tre anni: era il 2010 quando i medici gli dissero che doveva curarsi seriamente. Il che ha fatto con la tigna maniacale che lo contraddistingue e con l'aiuto della moglie, la collega Catherine Zeta-Jones, sposata nel 2000.
Naturalmente il rientro del figlio di Kirk avviene col botto: tre premi Oscar, lui in prima fila, stavolta s'impegnano nello straordinario biopic che l'oscarizzato Steven Soderbergh sta girando, con l'altro premio Oscar Matt Damon, e che suggestivamente s'intitola Behind the Candelabra, pronto per maggio.
«Dietro i candelabri» troviamo un personaggio di quelli che ogni star vorrebbe interpretare, soprattutto considerando quanto va di moda, a Hollywood, toccare la sponda della gayezza e mettersi alla prova con attitudini contrarie alla propria natura: stiamo parlando di Liberace, prorompente showman, attore e pianista, molto in vista a Las Vegas dai primi anni Sessanta fino al 1987, anno in cui muore di Aids. Il film è tratto dal romanzo omonimo, scritto da Scott Thorson, amante storico di Lee - come gli amici chiamavano Liberace - e tuttora vivente. Povero e tossico, il fidanzato gli ha lasciato in eredità soltanto una faccia alterata dalla chirurgia plastica, nel tentativo di somigliare sempre di più all'amante. «Non so se Scott sarà contento di come lo raccontiamo, ma si sa che è impossibile ottenere la massima verosimiglianza da un biopic. L'importante è scegliersi un punto di vista», mette le mani avanti Matt Damon, che dopo essersi rifiutato d'incarnare Jason Bourne per l'ennesima volta, si cala in una parte difficile. Quella del diciottenne bamboccio naif, che Lee si porta a letto, per poi stordirlo in una girandola di jet privati, scenate, ammucchiate e vita vissuta al massimo della depravazione e del comfort, tra baldacchini barocchi e sfinimenti sessuali. E se Matt Damon, dal 2005 sposato con l'italiana Luciana, anche madre dei loro tre figli, ha avuto le sue gatte da pelare, in primis col proprio lato B, che qui mostra abbronzato e col tipico segno del tanga brasiliano («Io e mia moglie abbiamo una confidenza assoluta, dopo tre figli, ma questo era davvero troppo», ha confidato Damon alla rivista Empire), Michael Douglas non ha avuto il minimo imbarazzo. Anzi. Che Liberace fosse gay e avesse uno stile di vita estremo, non si è saputo fino a che non è morto. «Erano altri tempi, non c'erano YouTube o Twitter e sono ben lieto d'interpretarlo. Magari, non avrei impersonato il ruolo di Scott, all'età di Matt, che trovo davvero coraggioso», scherza Douglas, i cui genitori, quando abitavano a Palm Springs, conoscevano bene il trasgressivo vicino di casa Lee. Del resto, Douglas somiglia in modo impressionante all'artista-boss di Las Vegas e quando la star ha letto il soggetto di Richard LaGravenese, ha subito pensato che quella parte fosse tagliata su misura del suo rientro. Però Soderbergh, che ha giurato di volersi ritirare, una volta finito Behind the Candelabra, si lamenta del fatto che nessuno studio hollywoodiano volesse finanziargli il film. «Avevo Douglas e Damon e il film costava solo 23 milioni di dolari. Ma mi dicevano: La storia è troppo gay».
Così è entrata in campo la HBO, che ormai produce la maggior parte dei registi hollywoodiani di razza, soprattutto quelli che non vogliono piegarsi alle serie dei vampiri e dei maghi. Come vedremo il macho Michael Douglas, finora abituato ai ruoli da duro e da impenitente sex-symbol, devoto alla femmina? Avvolto da mantelli tempestati di strass Swarowski, creati e venduti personalmente da Liberace; truccato come una diva anni Trenta, immerso in vasche da bagno barocche e circondato da uno stuolo di boys muscolosi. Ellen Mirojnick, la costumista del film, ha ripescato dagli archivi le foto delle fantasmagopriche cappe impunturate di Lee, copiandole pari pari in un certosino lavoro filologico, colli alti a conchiglia oceanica compresi. E le scene in cui il giovane Scott soddisfa il maturo showman? «Mi sono messo dietro di lui e ci siamo detti: Bene, facciamolo. Poi, abbiamo sentito Soderbergh che diceva: Pausa! Buona la prima!», rivela Matt Damon, specificando: «Sappiamo che tipo di film abbiamo fatto».
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