Dalla Siberia con paura Il thriller di Davidson, un autore da riscoprire

Ex militare e giornalista, lo scrittore britannico era un maestro del genere. Come dimostra "Le montagne ghiacciate di Kolyma"

Dalla Siberia con paura Il thriller di Davidson, un autore da riscoprire

Le librerie sono invase da thriller noir eppure non capita spesso di scovarne uno scritto a regola d'arte. Per questo è bello ritrovare Le montagne ghiacciate di Kolyma di Lionel Davidson, uscito nel 1994 e oggi in uscita da Mondadori (traduzione di Lidia Perria, pagg. 456, euro 22; in Italia è già stato pubblicato da Tropea, col titolo L'anello di ghiaccio). Sull'autore torneremo tra poco. Passiamo subito a cosa funziona in questo romanzo, che si colloca nel filone del migliore John Le Carré, ma non disdegna una puntata nell'universo futuribile di Michael Crichton. Primo. Non c'è un detective, evviva. Non se ne può più di commissari di provincia, commissari metropolitani, commissari svedesi, commissari gentiluomini, commissari corrotti, commissari esistenzialisti, commissari ironici e commissari timidi. Secondo. Ci sono i colpi di scena ma rispondono a una logica e sono dove devono stare. Il thriller medio, specie se italiano, affastella invece dieci colpi di scena nelle ultime cinquanta pagine, per stupire il lettore, che in effetti si stupisce di come si possa ingarbugliare la trama fino a renderla ridicola. Terzo. I dialoghi hanno lo stesso peso delle scene di azione, anzi: sono il piatto forte, la strategia per creare tensione. Nel thriller medio, i dialoghi sono l'insipido stratagemma per allungare il brodo. Quarto. Non ci sono rimandi letterari che nel thriller medio dovrebbero essere nobilitanti, peccato siano quasi sempre fastidiosi per presunzione e inutilità. Lionel Davidson non aveva bisogno di espedienti mediocri per catturare l'attenzione. Militava nella serie A del genere come riscontrato a suo tempo da un ammiratore d'eccezione, Graham Greene. La storia, per quel che si può raccontare, cioè poco o nulla, descrive, nei minimi particolari, un'azione di spionaggio condotta dalla Cia in Siberia, in una base scientifica sulle alture di Kolyma, regione dell'impero sovietico tristemente famosa per i GULag dai quali era impossibile fare ritorno. Il protagonista è un agente per caso (o forse no), ovvero il professor Porter, indiano d'America, genio della linguistica, capace di metamorfosi totali grazie alla padronanza degli idiomi più svariati. Il realismo di Davidson, la cura del dettaglio, rendono il romanzo sempre credibile agli occhi del lettore. Non manca l'azione, anche spettacolare, ma ben dosata. Il tocco fantascientifico potrebbe sembrare una trovata accessoria, il punto debole del libro. Ma la cronaca recente è con Davidson. Il romanzo si apre con la scoperta, tra i ghiacci della Siberia, di esemplari perfettamente conservati di un mammut e di una Homo Sapiens. Secondo la scienza, lei non avrebbe dovuto essere lì, a quell'epoca, circa 40 mila anni fa. Le conseguenze del ritrovamento, nella fiction, sono rivoluzionarie. Nella realtà, sul numero di Science del 15 gennaio 2016, c'è un articolo dedicato a una scoperta in Siberia: il corpo perfettamente conservato di un mammut ucciso durante una battuta di caccia di 45 mila anni fa. Ucciso da chi? Qui viene il bello: da un Homo Sapiens, come rivelato da tracce inequivocabili. E quell'Homo sapiens non avrebbe dovuto trovarsi lì, a quell'epoca. Incredibile, no? A meno che Davidson non avesse accesso a informazioni molto riservate... Ma questa è davvero fantascienza. Forse.Qualche parola sull'autore. Lionel Davidson è uno scrittore inglese morto a 87 anni nel 2009. Figlio di immigrati ebrei provenienti dalla Polonia, giovane promessa del giornalismo, sommergibilista durante la Seconda guerra mondiale, cittadino israeliano negli anni Sessanta-Settanta, reporter in Cecoslovacchia e Ungheria durante la Guerra fredda. Un curriculum che ricorda da vicino quello di altri scrittori inglesi, spesso legati alla intelligence, come appunto John Le Carré, Graham Greene e Ian Fleming, anche se non c'è alcuna prova di rapporti tra Davidson e i servizi di sua Maestà. Nell'arco della carriera, ha ottenuto successi significativi con La rosa del Tibet (1962; edito prima da Longanesi e poi da Tropea), La luce di Sion (1966; Tropea) e The Chelsea Murders (1978). Nel 1981 si ritira dalle scene, ma nel 1994 ecco arrivare la spy story de Le montagne ghiacciate di Kolyma.

La consacrazione è recente, e legata alla ristampa, due anni fa, di quest'ultimo libro, presentato dai giornali inglesi come «il più grande thriller mai scritto». Beh, impossibile dire se sia così ma probabilmente vi ricorderete per sempre di Lionel Davidson. E forse sognerete le montagne ghiacciate di Kolyma, con i loro segreti.

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