Inizia in Vaticano e finisce nelle fogne, ma vince il fango, a spalmarsi su tutto: è il percorso narrativo di Suburra (dal 14 nelle sale, con 500 copie), il film più atteso della stagione, che crea un universo parallelo e speculare al vento della storia. Presentato ieri a Roma, nella prima giornata in cui la Città Eterna è senza sindaco e tira aria di Mafia Capitale, il western metropolitano di Stefano Sollima, dove una continua pioggia oppressiva lava via ogni speranza, arriva come sigillo di garanzia: marcio puro. È cronaca vera, tratta da verbali giudiziari, quindi dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini (Einaudi): «Questo film non ci insegna niente di nuovo», dice Elio Germano, qui azzimato pr della Roma godona, stilizzata secondo i codici della Grande Bellezza . Si balla tra le colonne di Villa Miani, si sniffa eroina, si fa sesso a tre, si comprano e vendono gli amici.
Siamo nel 2011, a novembre: un Papa magro e curvo si dimette (è Ratzinger); un ex-Nar detto «Samurai» fa il puparo della malavita, dentro e fuori Montecitorio (è Carminati, alias il convincente Claudio Amendola) e un politico di secondo piano, cioè Pierfrancesco Favino, spinge una legge in parlamento, per trasformare il litorale di Ostia in Las Vegas: importa citarne un nome preciso?
Gli avvenimenti si susseguono «a imbuto», previa presentazione dei singoli personaggi, che poi formano quello che il commissario Ingravallo di gaddiana memoria chiamava «gnommero»: un pasticciaccio plausibile, dove fischiano le pallottole degli «zingari di merda» - i politicamente corretti se la prendano con gli sceneggiatori Petraglia, Rulli, De Cataldo e Bonini -,stufi di fare i cravattari. Saranno i Casamonica? Naturalmente, manco una guardia quando c'è una sparatoria al centro commerciale, o quando la tossica Viola (Greta Scarano), ragazza di un boss di Ostia, scarica il revolver nel corpaccione di Samurai. «Nessun poliziotto, perché i personaggi devono raccontarsi da sé. Lo spettatore è obbligato a calarsi nelle parti», spiega Sollima, classe 1966, ideatore e regista della fortunata serie tv Gomorra e che, dopo Acab , firma il suo secondo lungometraggio. Prodotto da Cattleya e Rai Cinema con 7 milioni, con l'aiuto di Mibact e Regione Lazio, questo noir che ricalca le atmosfere di Romanzo Criminale , condensa in 2 ore e 10 le 500 pagine del romanzo, liberamente tradito, e segna un robusto ritorno al cinema di genere. Col suo look corrusco, mentre il Cupolone getta una luce sinistra su accadimenti condensati nei 7 giorni prima dell'Apocalisse - un papa si dimette, un premier lascia -, Suburra fa sfilare Rogna e Spadino, Numero 8 e Bacarozzo sulla passerella del crimine. «Il mio personaggio ha forza nella sua immobilità e si veste in modo anonimo per passare inosservato: è il deus ex machina dell'operazione Waterfront , che deve trasformare Ostia. Ma sbrigamose a votà. A Roma potrebbe accadere qualcosa di diverso», scandisce Amendola. «Chiediamoci: cosa siamo disposti a vendere, per ottenere il potere? Qui non arriva la Fata Turchina a salvarci: finalmente siamo laici», filosofeggia Favino.
Laici, o laidi, i personaggi di Suburra , ai tempi di Nerone quartiere postribolare, coincidente col Rione Monti, piacciono: Netflix americana trasmetterà il film in contemporanea con l'uscita italiana. A maggio, replica su Netflix tricolore. E, poi, si continua con una serie televisiva in preparazione nel 2016: prima su Netflix e poi sui canali Rai, ottima svolta innovativa della Tv di Stato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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