"Dopo tanti anni di Zelig ora faccio ridere da cuoca"

L'attrice new entry nella serie Benvenuti a tavola con Bentivoglio e Tirabassi: "Sono spagnola e ho un ristorante, ma non so cucinare"

"Dopo tanti anni di Zelig ora faccio ridere da cuoca"

«Ti guardano, ti dicono "Ah, sei bella…", coll'aria di dire "Allora sei a posto". Se poi, per caso, sei pure straniera, magari spagnola, quel tocco d'esotico fa loro aggiungere: "Non ti serve altro"». Eh già: bella è bella. Spagnola pure. Ma il tocco d'esotico, no, grazie: non fa per lei. «Io sono anni che lotto contro questi stereotipi - sospira Vanessa Incontrada -. Noi belle siamo consapevoli di essere gradevoli. Ma sappiamo d'essere anche molte altre cose». Così sarà tutt'altro che scontata, la new entry aiuto cuoca che Vanessa interpreta in Benvenuti a tavola 2. «Perché da una che viene da Barcellona ed è pure specialista in sangria e paella, ti aspetti - come minimo - che sia una "sangue caliente". E magari una rovina famiglie».

Mentre invece?
«Mentre invece Irene, il mio personaggio, è una ragazza seria, determinata; una che pensa soprattutto a lavorare. Ma naturalmente lo stereotipo persiste: venuta a sostituire la lavapiatti (poi diventa cuoca) del ristorante Il Terrone, viene subito sospettata da Lorenza Indovina d'intendersela col marito, Giorgio Tirabassi».

Sospetti fondati?
«Questo non posso rivelarlo. Di certo il personaggio non è banale solo perché si tratta di una bella donna. E meno che mai perché si tratta di una cuoca: tutti sanno che quello dell'alta cucina è un mondo soprattutto maschile. Però, proprio pochi giorni fa, il premio del miglior chef del mondo è stato vinto da una donna. Il che dimostra che, qualsiasi cosa facciano, le donne devono faticare il doppio degli uomini. Ma possono raggiungere gli stessi risultati».

E anche a Vanessa Incontrada capita d'essere vittima degli stereotipi?
«No: anche se spagnola a me il pubblico italiano m'ha adottata. A parte che ho un padre italiano, un nonno napoletano, una nonna calabrese, che ho studiato in una scuola italiana a Madrid, che ho il passaporto italiano, che vivo in Toscana e che le tasse (ahimè) le pago qui».

A proposito di luoghi comuni: dopo «Benvenuti a tavola» anche a lei capiterà, come a Tirabassi e a Bentivoglio, di sentirsi chiedere per strada delle ricette, invece degli autografi?
«Con me cascherebbero male. Le ricette che ci vedete realizzare durante la fiction noi le eseguiamo a pappagallo; senza capirci niente. E poi, fino ad un anno fa, io non sapevo cavarmela neppure col cosiddetto uovo al tegamino».

Ma come? Non aveva aperto in Spagna un ristorante di cucina toscana?
«Ma io lì non ci vado per cucinare. Solo per mangiare».

Dopo anni di film drammatici, «Benvenuti a tavola» è la sua prima commedia. Come se lo spiega?
«È vero. Ed è strano, per una che viene da anni di Zelig. Si vede che aspettavo solo che qualcuno mi desse il "la". Tant'è vero che ora, rotti gli indugi, ho girato tre commedie di seguito: la fiction Angeli, diretta da Stefano reali (dove sono seguita da un cherubino che ha le fattezze di Raoul Bova); il nuovo film di Sergio Rubini, Mi rifaccio vivo!, in uscita il 9 maggio, e una commedia-opera prima di Gabriele Pignotta, Ti sposo ma non troppo, in cui interpreterò una sposa abbandonata all'altare».

E alla conduzione ha rinunciato definitivamente?
«Ma no: perché? Io sono sempre aperta a tutto.

È solo che in tv, per ora, tolti due o tre format, non vedo nulla per me, nulla che m'attragga. Io non lavoro tanto per lavorare».

Che gliene pare di Teresa Mannino, che l'ha sostituita a Zelig?
«Confesso: non l'ho vista. Troppo occupata a cucinare».

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