"Togliamo Natale dal titolo ma facciamo lo stesso film"

Il popolare attore, Christian De Sica parla del prossimo cinepanettone: "Se alla gente piacciono, perché smettere di girarli?"

"Togliamo Natale dal titolo ma facciamo lo stesso film"

«Me tocca lavorà: mantengo una cooperativa, mica una famiglia. Che fatica!», sbuffa Christian De Sica, ma fa finta: in realtà gode per il suo gran daffare. Il popolare attore romano, infatti, ha sì due figli grandi da sostenere ancora, Brando e Mariarosa, «che mica hanno scelto de fà gli impiegati, nooo» (il primo è regista, la seconda stilista), però lavorare gli piace. A prescindere, direbbe Totò. Confermato nella giuria di Tale e quale show, da domani in tv con Carlo Conti; finito di girare Il principe abusivo, commedia di e con Carlo Siani dove Christian fa l'elegantone innamorato d'una vaiassa napoletana, incombe il film di Natale.
Cinepanettone in vista?
«Parto oggi per andare sul set. Checché se ne dica, quest'anno a Sorrento vincerò il terzo Biglietto d'oro, insieme a Checco Zalone e a Carlo Siani. Sì, c'è stato un tiro al piccione sul solito cinepanettone, perché avevano deciso che, daje daje e daje, doveva morire. Però, abbiamo cambiato formula, con De Laurentiis: vediamo come va».
Avete cambiato la formula del cinepanettone?
«Innanzitutto, sparisce il termine Natale dal titolo: così s'intitola Colpi di fulmine e sarà tipo Movie Movie di Stanley Donen: due film brevi dentro uno. Gli sceneggiatori, sempre gli stessi degli ultimi trent'anni, il regista, sempre Neri Parenti: la pasta è quella che è, sarebbe un errore snaturare tutto. Ci si ispira anche a Qua la mano, film a episodi del 1980 di Pasquale Festa Campanile, dove c'era il prete ballerino interpretato da Adriano Celentano. Ma niente storie incrociate, come nei cinepanettoni: saranno due storie a sé».
Il prete ballerino è lei?
«Sì. Ma non mi limito a ballare: canterò anche un gospel, When the Saints go marchin'in in duetto con Arisa, che interpreta il ruolo della mia perpetua. A complicare le cose, interviene una carabiniera, Luisa Ranieri, che s'innamora di me. Insomma: questo film sarà il mio novantanovesimo: sò tanti!. L'altro episodio vede Lillo e Greg alle prese con la psichiatria».
Il nostro cinema può piacere, oppure no, fatto sta che spesso è disprezzato, anche quand'è decente. Come mai?
«L'Italia non è la Francia sciovinista, che sulla difesa dei suoi prodotti ha basato la propria grandeur. L'Italia non ti perdona il successo. Ti lasciano in pace solo quando non ne hai. E' stato così anche per mio padre: certa critica non ha mai perdonato l'attore popolare, che faceva Pane, amore e fantasia. Soltanto Mario Verdone, il padre di Carlo, e Alessandro Blasetti l'hanno sempre difeso. Gli altri lo stroncavano».
Al momento, però, il pubblico va per conto suo, non segue il diktat della critica. O no?
«Massì: pubblico e critica sono sempre stati svincolati. Se il pubblico avesse letto che hanno scritto su di me, al cinema non ci veniva. In Italia va così, non c'è gnente da fa!»
Pupi Avati l'ha scoperta come attore drammatico. Torna a lavorare con lui?
«Sì, ma in tivù, su Raiuno. Nella fiction Un matrimonio, dove interpreto il democristiano Flavio Parenti che, nella Bologna tra i Quaranta e i Settanta, vive il suo matrimonio con la figlia d'un comunista, alias Micaela Ramazzotti. In Rai erano contenti. "Peccato che muori alla prima puntata", m'hanno detto". Straordinario, lavorare con Avati: da noi ci sono molti registi, ma pochi maestri come lui».


Il film sulla storia d'amore tra suo padre e sua madre, Maria Mercader, si farà?
«Il mio sogno nel cassetto, dopo tanti anni, finalmente si realizza: per La porta nel cielo, film galeotto sul cui set si conobbero mio padre, che lo diresse nel 1944, e mia madre, ci sono i produttori, Marco Coen e Riccardo Tozzi di Cattleya. Poi ci sarà un regista straniero di grande nome. La sceneggiatura è mia e di Graziano Diana. Nei panni di mio padre rivivrò il dopoguerra, i tormenti e la passione che legò, fino alla fine, i miei genitori».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica