Suora di clausura dal giorno dei suoi 18 anni, vissuto in 24 ore di monastico ritiro, in cui «si doveva fare silenzio assoluto. Nessuna monaca aveva avuto voglia di farmi una sorpresa, infrangere il silenzio bussandomi alla porta». Giovanni Rossi, La Spezia classe 1964, naturopata, giornalista e scrittore, guida subito il lettore in un mondo altro, di solitudine come quello della vita di chi sceglie il convento. «Un mondo che ha le stesse identiche logiche di quello laico, solo che si sa e si dice poco: corruzione, competizione, egoismi», spiega l'autore.
Diciassette anni di clausura (Leone Editore, pagg. 192, euro 10.90) racconta la storia di Sofia, suor Veronica il giorno della vestizione, giovane donna che già in adolescenza sceglie di abbracciare l'ordine monastico e diventa, appena maggiorenne, clarissa di clausura.
Visto lo stile di discorso libero in prima persona in cui tutto il romanzo si articola sembra che lei abbia raccolto le confessioni dirette della suora.
«Sì, ho avuto l'onore e la fortuna di conoscere Erika Pisacco, di Alessandria, che, dopo 18 anni, era appena uscita dall'ordine delle clarisse in cui era entrata appena maggiorenne (è del 1978): aveva deciso di fare un tirocinio in naturopatia, la mia materia, e si era rivolta a me. Così sono potuto entrare direttamente, grazie a lei, da non cattolico quale sono, in un mondo che non è raccontato per quello che è».
«Spiritualizzare ogni accadimento», «i ponti con l'esterno sembravano tagliati tutti», «punizioni torture auto inflitte». Queste e altre espressioni forti usate dalla protagonista. Colpisce la solitudine in cui Sofia e ogni suora si trova, la mancanza di solidarietà e il limitare ogni libera iniziativa nella complessa macchina ecclesiastica.
«E consideriamo che il libro è stato tagliato, abbiamo deciso di omettere, per ora, certi dettagli anche violenti e che potrebbero shockare. Ci siamo limitati a descrivere fenomeni di autoflagellazione collettiva, dinamiche di favoritismi e corruzione, l'uso della confessione per ottenere informazioni in convento e altre dinamiche. Abbiamo toccato il problema dei psicofarmaci e degli ospedali in cui suore e preti finiscono facilmente, ma, ripeto, abbiamo usato un approccio ancora morbido. Torneremo sugli argomenti con altri testi».
Come prenderà questo libro la Chiesa?
«Non vogliamo denunciare. Noi vogliamo sottolineare che in Vaticano e nelle varie diocesi vivono individui, essere umani: e non si dice come si sentono, come stanno queste persone. Non si critica tutto l'operato ecclesiastico, ma sono anche nominati direttamente gli ultimi Papi analizzando il loro operato. Papa Francesco è una speranza di apertura, un esempio anche per le sue scelte personali: la vita conventuale magari potrà migliorare».
La pedofilia e la corruzione ne sono conseguenze del soffocamento della libertà?
«Più che conseguenze alle imposizioni della vita monastica, sono spiragli che svelano quanto poco si voglia mostrare di questo mondo».
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