La nota stonata sono i saluti alla truppa azzurra per guai alla ginocchia di Gigi Buffon, Lorenzo De Silvestri e Daniele De Rossi (un taglio per il portiere, crociato rotto e sei mesi di stop per il difensore della Samp, dolori per il romanista). Quella felice è la nona sinfonia di Antonio Conte, che ha portato a 46 il numero di sfide senza sconfitte per l'Italia nelle qualificazioni europee e mondiali. Nove risultati utili nelle prime nove partite da ct, l'ultimo che c'era riuscito era stato Dino Zoff (arrivato in realtà a quota dieci a cavallo tra il 1998 e il 1999), poi diventato vicecampione d'Europa.
Tra una possibile bufera giudiziaria sullo sfondo, carenza di calciatori convocabili (ma alcuni giovani dell'Under sono una luce all'orizzonte), gli infortuni in serie e l'assenza dei tanto agognati stage ai quali sembra ormai aver rinunciato defintivamente, Conte sta per archiviare in attivo il suo primo anno da selezionatore azzurro (manca solo l'amichevole con il Portogallo di martedì foriera di esperimenti). Con il pareggio di venerdì sera, risultato che in molti avrebbero sottoscritto alla vigilia, la qualificazione a Euro 2016 pare già in cassaforte - in realtà sarebbe stata un'impresa non conquistarla -; a Spalato, con un po' più di fortuna poteva anche essere abbattuto il tabù Croazia («ai punti avremmo meritato di vincere noi», così il ct nella pancia del Poljud); la prova coraggiosa contro i biancorossi ha dimostrato che quest'Italia sa cambiare pelle dal punto di vista tattico.
La truppa di Conte ha superato indenne le due trasferte più insidiose del girone in Bulgaria e Croazia, andando sotto e poi riemergendo, pur cambiando molti degli interpreti. Resta però il problema attacco: in fase di realizzazione si concretizza ancora troppo poco. Se andiamo a guardare le partite degli ultimi due anni (dal 4-3 al Giappone in Confederations Cup del 19 giugno 2013 a oggi), comprendendo quindi anche la seconda parte dell'avventura azzurra di Prandelli, mai la nostra Nazionale ha segnato più di due reti. E nelle ultime 6 partite, per 5 volte l'Italia ha realizzato una sola rete. Nei 9 match dell'era Conte, i top scorer sono Chiellini, Pellè e Candreva con due gol a testa.
Nel marchio di fabbrica del ct leccese, il 3-5-2, Zaza e Immobile erano gli interpreti dell'attacco ma entrambi hanno smesso di segnare nei rispettivi campionati e in azzurro hanno timbrato solo una volta il cartellino (il primo con la Norvegia il 9 settembre, il secondo 5 giorni prima con l'Olanda). Difficile dire chi siano, oggi, i titolari là davanti: c'è l'oriundo Eder estratto dal cilindro nella serata di Sofia ma assente per infortunio a Spalato, e un Pellè lontano dall'Italia - gioca al Southampton - che dimostra di essere affidabile, ma l'attacco è ancora da lavori in corso. Impresa ardua trovare una punta che segni, visto che il campionato di serie A ha offerto solo il 38enne Toni tra i primi 5 bomber.
Non è un caso che Conte abbia convocato nell'ultima tornata il numero maggiore di giocatori offensivi (9, ma Zaza è uscito di scena per infortunio) e se sugli esterni abbiamo uomini di gamba e iniziativa - la sfrontatezza del rigore a cucchiaio di Candreva, uomo tatticamente prezioso per Conte, la dice lunga -, ora serve l'uomo-gol. Nel secondo anno azzurro, trovare il cannoniere azzurro sarà la vera sfida del ct.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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