Cosa ci facesse in bici a novembre inoltrato non è una domanda da fare al Gianni, lo chiamano così Giovanni De Biasi. Stava pedalando quando gli squilla il cellulare da Tirana, inutile star lì a farsi domande, il 14 dicembre 2011 si prende in carico l'avventura, ct del'Albania, una cosa che il 90 per cento dei nostri tecnici di serie A li avrebbe messi in terapia intensiva. Che fine ingloriosa, ma sono quelli con il tombino a centrocampo al posto del cerchio? A no, quello è a Malta, vabbè, magari invece hanno già messo i pali ovali e mandano via le pecore prima della partita. E allora magari si rischia di fare qualcosa di buono. Il 7 settembre di due anni fa va in Portogallo e sistema Cristiano Ronaldo, 1-0, primo tassello verso la qualificazione europea, a giugno dell'anno scorso batte anche la Francia, tutto vero, quattro mesi dopo, l'11 di ottobre, trasloca l'Albania direttamente fra le grandi del calcio, prima qualificazione alla fase finale di un Europeo e a marzo di quest'anno anche la Figc si inchina: «Panchina d'oro premio speciale per essersi distinto in campo internazionale valorizzando il nome della scuola italiana». Ma pensa. La scuola italiana, quella dove ci sono i signorini che mandano l'agente a trattare l'ingaggio e si impermalosiscono se li togli a dieci minuti dalla fine. Dai, adesso se Gianni De Biasi è la nostra bandiera mica ci dispiace, anzi lo facciamo diventare il 25esimo paisà in Francia.
Cosa potrà fare la sua nazionale all'Europeo è tutto da scoprire, ne ha messi insieme 23 rastrellando negli angoli, un crogiolo di religioni e razze, e adesso ne sceglie undici contro la Svizzera nella partita d'esordio. Onestamente, per chi fareste il tifo?
Lui un'idea ce l'ha, ha già fatto sapere che in tutto il mondo, non solo in Europa, dovrebbero tifare per lui, perché porta gente che vive ancora l'epopea degli albori, il calcio come quello di ieri, la tattica inventata di volta in volta, zero improvvisazione, fa sapere, se si gioca contro i giganti ci si copre, le squadre materasso andatele a cercare altrove, in fondo è italiano anche lui. E la Figc ci ha pure provato per il dopo Conte, era nella lista, ma come si fa a lasciare quei ragazzi in mezzo a una strada prima ancora di uscire per davvero di casa. Ci sono decine di migliaia di italiani da quelle parti, qualcuno ha l'azienda, altri sono stimati professionisti, che figura sarebbe. Gli hanno dato il passaporto, gli italiani furbetti un'altra volta, qui si ferma il Paese, e quando c'è tutta una nazione che soffia vai via come il vento. Se è vero che i grandi talenti del calcio sono cresciuti in mezzo a una strada, qui c'è da stare freschi, il pallone che gira è adrenalina pura, acido lisergico senza danni, carriolate di festa mobile.
E se si torna a casa dopo il girone sta nella logica, però prima si gioca, poi eventualmente si piange, da queste parti si sono abituati, e hanno tanta voglia di farlo provare anche agli altri, sai che botta prenderle dall'Albania di Giovanni De Biasi, il 25esimo?
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