nostro inviato a Malpensa
Tutto sulle spalle di Filippo Inzaghi. L'operazione riscatto del Milan in questo momento pesa soprattutto sull'allenatore perché il mercato vive di rendita e la tournée americana ha affievolito l'entusiasmo. Le scorie di una stagione da dimenticare sono difficili da debellare. La tournée americana lo ha confermato: «Soprattutto nelle prime partite ho percepito la paura di giocare, figlia dei risultati dell'anno precedente». Inzaghi non ha la bacchetta magica, percorre la strada del lavoro per risollevare il Milan e ribadisce un concetto già espresso oltreoceano: «Non posso capire cosa si pretenda: arriviamo da un ottavo posto a quaranta punti dal vertice. Adesso c'è un allenatore nuovo. In venti giorni non si costruisce un gruppo vincente, ma siamo sulla buona strada». Quello è il primo passo non scontato, anche perché nella squadra ancora non emerge, per intenderci, un Inzaghi che faccia da trascinatore. E l'allenatore rossonero si chiama in causa: «Devo essere bravo io a riproporre quello spirito, ma vi posso assicurare che molti giocatori hanno già l'attaccamento al rossonero. Mai un ritardo, mai una lamentela. Il gruppo è unito, mi segue».
Ricostruire l'autostima è un passaggio fondamentale, ma senza rinunciare ai principi che vuole vedere applicati a costo anche di scivoloni (vedi City) in questa estate. «L'obiettivo è essere pronti il 31 agosto, da allora ci giudicherete», ammonisce Inzaghi che ha due capisaldi: «Voglio che si giochi sempre la palla e che si imponga il nostro gioco come vuole anche il presidente. In Italia possiamo farlo». E visto che in Europa il Milan starà a guardare, la salita si può fare. Le verità di Inzaghi all'apparenza possono nascondere una contraddizione, in realtà sono figlie del dna vincente che ha caratterizzato la sua carriera. Giocare bene è la missione: «Voglio riportare i tifosi a San Siro con il bel gioco, abbiamo bisogno di loro». L'altro dogma si fonda sulla difesa: «La squadra che prende meno gol vince lo scudetto».
Anche se proprio in attacco si aspetta il colpo. Inzaghi oggi compie 41 anni, ma si rifugia in angolo sulla classica domanda: «Regalo? Me l'ha già fatto la società affidandomi la guida del Milan». Aziendalista, anche se poi dice: «Il club conosce benissimo le mie richieste». Un colpo al cerchio «la rosa già così è competitiva» e uno alla botte «se arriva qualcuno meglio, ma se resto così sono contento». E non tralascia che «le rivali sono consolidate e con nuovi innesti». Concetti che approfondirà oggi a Forte dei Marmi con Adriano Galliani che ieri ha chiuso per il prestito di Armero e oggi proverà a fare altrettanto per il portiere Diego Lopez. Poi toccherà a Taarabt mentre in lista c'è anche Dzemaili, ma Cerci rimane il colpo, difficile, che cambierebbe le prospettive. Inzaghi parla di abbondanza perché ha riscoperto «i giovani Niang, Cristante e Saponara che hanno dimostrato di poter stare nel Milan». E coccola Balotelli: «Spero che continui così, tutto quello che si diceva non l'ho trovato».
Soddisfatto dell'America, l'ideale sarebbe esserlo
anche dal mercato. Ma Inzaghi piazza sempre la zampata: «Daremo filo da torcere a tutti. E quando saremo squadra penseremo a tutto il resto, ai moduli. Non so dove possiamo arrivare, ma i nostri tifosi saranno orgogliosi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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