nostro inviato a Berlino
Il lift è d'eccezione: «Quinto piano? Ti ci porto io». Ilie Nastase sorride mentre schiaccia il tasto dell'ascensore, è ancora in versione sciupafemmine nonostante l'età che avanza: «Salutami Boris». Adlon Kempinski di Berlino, l'hotel affacciato sulla porta di Brandeburgo dove tutti i volti legati alla Fondazione Laureus si sono trovati per gli annuali Awards, gli Oscar dello sport. Becker è lì come padrone di casa e per affiancare Novak Djokovic, sportivo del 2015. Saluta con un «Ciao» molto cordiale: non ha certo il fisico Bum Bum degli anni belli, ma c'è sempre quello sguardo di quando diventò il più giovane vincitore di Wimbledon a 17 anni. Una vita fa, e che vita: due mogli, quattro figli, di cui una avuta nove mesi dopo un incontro fugace nel bar dov'era fuggito dopo un litigio con la sua prima consorte. Che era incinta. Boris ha raccontato tutto in un libro e adesso è in pace con se stesso. Col mondo: «Ho fatto tanti errori e tante cose belle. L'importante è l'onestà. Essere onesti».
Cos'ha allora da insegnare Boris Becker?
«Con Laureus ho un meraviglioso impegno per i bambini e lo sport insegna a vincere, a perdere, a lavorare in team, a stare sul pezzo. Sono un padre di quattro figli tra i 22 e i 6 anni: conosco i bambini io...».
Che padre è Boris?
«L'ho detto: un padre onesto. In famiglia ci amiamo per quello che siamo e voglio che i miei figli siano a loro agio con me. Abbiamo una grande tavola in casa, tutti sono i benvenuti: come sai ho una famiglia un po' particolare, ma mia moglie e la mia ex moglie vanno d'accordo. E il mondo, si sa, dipende tutto dalle donne. Sono felice. E non cucino».
E che coach è Becker per Novak Djokovic?
«Io posso capire quello che altri non capiscono: la vita di un tennista non è quella che pensate voi. E rispetto a miei tempi è tutto così complicato».
Cioè i tennisti sono meno felici?
«No, ma è diventato difficile. In campo, fuori, al microfono, sui social media: devono stare attenti a tutto. E poi c'è la vita reale anche per loro, sapete?».
Tipo?
«La moglie, i bambini, i genitori, la fidanzata che insiste per andare a fare shopping: restare concentrati sul tennis è davvero un miracolo. Voi non sapete cosa vuol dire ad esempio vincere uno Slam. In due settimane ti può capitare di tutto».
Per questo Novak è il migliore?
«Non posso dirti chi è il migliore di sempre, il tennis è cambiato: racchette, scarpe, palline. Posso dire chi è il più vincente, ovviamente Roger Federer. Ma di sicuro Djokovic ha un posto speciale in questo sport».
Cos'ha lui più di altri?
«Il tennis dipende da un sacco di fattori. Quelli familiari, sì. Ma poi c'è il sorteggio, giocatori con cui ti piace giocare e contro cui non ti piace stare in campo, l'ordine di giornata, il tempo. Credetemi: pensare quello che ha fatto Novak in questi anni è da pazzi. Tanto che a Montecarlo avete visto: Djokovic ha perso».
Cos'è successo?
«Niente, era solo una cattiva giornata. Capita. La differenza tra vincere e perdere è così sottile a volte...».
Intanto è tornato Nadal.
«Non sono sorpreso: Rafa è una leggenda e sono contento quando vince. Tranne ovviamente quando incontra Novak...».
Dicevamo delle donne. Senza ipocrisie: sulla questione del prize money da che parte sta?
«Onestamente: i tornei dove giocano uomini e donne insieme sono i più belli. Nessun dubbio: i guadagni devono essere uguali».
Sulla questione Sharapova?
«Conosco Maria: è troppo intelligente. Aspetto per giudicare, mi pare ci sia un po' di confusione sulla questione».
Possibile però che in Russia tutti abbiamo bisogno di questo Meldonium?
«Magari funziona, magari è una buona medicina. Chi lo sa...».
Sincero: c'è il doping nel tennis?
«In una parola: no. Al 100 per 100».
Cosa direbbe coach Becker se allenasse il Bum Bum di 30 anni fa?
«Dico che mi piacerebbe avere la testa di oggi e il corpo di allora».
E come finirebbe un match tra Becker e Djokovic?
«Stesse racchette? Stesse scarpe? Stessa alimentazione?».
Sì.
«Sulla terra non avrei scampo».
Però?
«Però a Wimbledon, credimi, vinco io».
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